sabato 8 giugno 2013

occorre una vita per costruire l’uomo e … non basta


L’uomo: viator e peregrinus
di p. Attilio Franco Fabris

Il cammino della vita e della storia suggerisce
il progredire, il crescere.
Dunque il cammino presuppone la durata nel tempo,
la pazienza,
l’accettazione dell’inevitabile fatica e del rischio,
il ravvivare in noi la consapevolezza del cammino stesso e della meta da raggiungere,
onde evitare il rischio di percorrere la strada in modo distratto,
superficiale e in fin dei conti insensato e inconsapevole.

Senza durata non vi è vita né storia,
non vi è crescita.
E l’uomo non si trova già bell’e fatto all’inizio,
quando esce dal grembo della madre,
esso si costruisce giorno per giorno, epoca per epoca:
occorre una vita per costruire l’uomo e … non basta!

L’esistenza dell’uomo (e come individuo e come società)
ha bisogno perciò della storia.
Solo l’uomo è capace di storia
(Heidegger parlerà di geschicthe: storia vivente).

Ma questo dato di fatto forse ovvio per noi
non bisogna darlo poi per scontato:
esso è il frutto,
possiamo affermarlo a pieno diritto,
di una rivelazione.

venerdì 7 giugno 2013

Quale significato dare all’ineffarrabile scorrere del tempo e della vita? Si tratta di darvi un significato.


L’uomo: viator e peregrinus
di p. Attilio Franco Fabris

L’uomo dunque immagina,
simbolizza se stesso,
come un essere in cammino.
Ma verso dove?
Quale significato dare all’ineffarrabile scorrere
del tempo e della vita?
Si tratta di darvi un significato.

Certamente si vuol camminare verso
la pienezza della vita e della gioia.
Tutto l’uomo è teso a questa meta
anche se sullo sfondo si delinea l’orizzonte del fiume Lete
con la barca di Caronte pronta a far transitare,
per l’ultimo viaggio,
l’anima nel luogo dell’oblio dato dal non tempo.

Ma dentro di sé la nostalgia del desiderio di vita e di gioia permane,
non si può soffocare:
“esule o pellegrino,
in fuga o in marcia,
l’uomo è spinto da una nostalgia struggente.
Un disagio lo rende inquieto;
"un dolore lo porta 
a tornare 
alla sua vera casa. 
In nessun luogo 
trova 
la patria stabile del suo desiderio. 
Per questo è 
essenzialmente 
un camminatore” 
(S. Fausti).


giovedì 6 giugno 2013

questa “drammaticità” del tempo che scorre che colloca l’uomo sempre in posizione nuova nei confronti del suo passato e del suo futuro.


L’uomo: viator e peregrinus
di p. Attilio Franco Fabris

Il poeta G. Gibran,
nel suo libro più famoso intitolato,
Il Profeta
scrive:
"Noi gli erranti 
sempre alla ricerca 
della strada più solitaria, 
mai iniziamo un giorno 
là dove 
ne abbiamo terminato un altro, 
ed ogni levare di sole 
non ci trova 
là dove 
abbiamo ammirato la luce del vespro. 
Anche quando 
la terra dorme 
viaggiamo”.

L’uomo è presentato 
come un pellegrino , 
un pellegrino del tempo. 
Un tempo inarrestabile, 
che scorre senza che 
possa essere afferrato mai, 
l’uomo non ne è il padrone.

Ma è proprio
questa “drammaticità” del tempo
che scorre
che colloca l’uomo
sempre in posizione nuova
nei confronti del suo passato e del suo futuro.
E’ il tempo che permette un cammino,
un progresso,
una crescita,
una progettualità.

Il camminare perciò è stato assunto nelle diverse culture
come una simbolica primaria per esprimere
lo scorrere del tempo e della vita.
Basti pensare a tutta la simbologia legata
al viaggio, al pellegrinaggio, alla salita, alla traversata…
Bene perciò il filosofo G. Marcel
definisce l’uomo come
viator,
viaggiatore.


mercoledì 5 giugno 2013

Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell'uomo l'inizio del cammino


Martin Buber
IL CAMMINO DELL’UOMO
Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose
Continua il post di ieri. Valgono le stesse  considerazioni.

Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell'uomo l'inizio del cammino,
il sempre nuovo inizio del cammino umano.
Ma è decisivo, appunto, solo se conduce al cammino:
esiste infatti anche un ritorno a se stessi sterile,
che porta solo al tormento,
alla disperazione e a ulteriori trappole.
Quando il Rabbi di Gher arrivò, nell’interpretazione della Scrittura,
alle parole rivolte da Giacobbe al suo servo –
"Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: ‘Tu, di chi sei? Dove vai? Di chi è il gregge che ti precede?’" -
disse ai suoi discepoli:
"Osservate come le domande di Esaù assomiglino
a questa massima dei nostri saggi:
‘Considera tre cose:
sappi da dove vieni,
dove vai e
davanti a chi dovrai un giorno rendere conto’.
Prestate molta attenzione,
perché chi considera queste tre cose
deve sottoporre se stesso a un serio esame:
che in lui non sia Esaù a porre le domande.
Anche Esaù infatti può porre domande su queste tre cose,
sprofondando l'uomo nell'afflizione".

Esiste una domanda demoniaca,
una falsa domanda che scimmiotta la domanda di Dio,
la domanda della verità.
La si riconosce dal fatto che non si ferma al "Dove sei?"
ma prosegue:
"Nessun cammino può farti uscire dal vicolo cieco in cui ti sei smarrito".
Esiste un ritorno perverso a se stessi
che, invece di provocare l'uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino,
gli prospetta insperabile il ritorno
e così lo inchioda
in una realtà in cui ravvedersi
appare assolutamente impossibile
e in cui l'uomo riesce a continuare a vivere
solo in virtù dell'orgoglio demoniaco,
dell'orgoglio della perversione.

martedì 4 giugno 2013

Finché questo avviene, la vita dell'uomo non può diventare cammino.


Martin Buber
IL CAMMINO DELL’UOMO
Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose


Per capire questo  passo devi sicuramente leggere il capitolo del libro citato e deve ricollegarti  a un post di tre giorni fa,http://dioaiutosemprevicino.blogspot.it/2013/06/siamo-viandanti-sulla-via-della-vita-di.html
... Infatti, non appena si renderà conto che la domanda biblica è indirizzata a lui personalmente (a ogni uomo personalmente), il comandante prenderà necessariamente coscienza della portata dell'interrogativo posto da Dio:
"Dove sei?",
sia esso rivolto ad Adamo
o a chiunque altro.
Ogni volta che Dio pone una domanda di questo genere non è
perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora:
vuole invece provocare nell'uomo
una reazione suscitabile per l'appunto solo attraverso
una simile domanda,
a condizione che
questa colpisca al cuore l'uomo
e che l'uomo da essa si lasci colpire al cuore.

Adamo si nasconde per non dover rendere conto,
per sfuggire alla responsabilità della propria vita.
Così si nasconde ogni uomo,
perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo.
Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta,
l'esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento.
Proprio nascondendosi così e persistendo sempre
in questo nascondimento "davanti al volto di Dio",
l'uomo scivola sempre,
e sempre più profondamente,
nella falsità.
Si crea in tal modo una nuova situazione
che, di giorno in giorno e di nascondimento in nascondimento,
diventa sempre più problematica.
È una situazione caratterizzabile con estrema precisione:
l'uomo non può sfuggire all'occhio di Dio
ma, cercando di nascondersi a lui,
si nasconde a se stesso.
Anche dentro di sé conserva certo qualcosa che lo cerca,
ma a questo qualcosa rende sempre più, difficile il trovarlo.
Ed è proprio in questa situazione che lo coglie la domanda di Dio:
vuole turbare l'uomo,
distruggere il suo congegno di nascondimento,
fargli vedere dove lo ha condotto una strada sbagliata,
far nascere in lui un ardente desiderio di venirne fuori.



lunedì 3 giugno 2013

”Via” è chiamata la vita, poiché ciascun uomo cammina verso una meta.


SIAMO VIANDANTI SULLA VIA DELLA VITA
di p. attilio franco fabris

Come credente la tua fede si basa su un Dio
che con la sua creazione ha dato inizio
ad una storia, 
che non è una storia ciclica,
condannata ad un eterno ripetersi (il mito dell’eterno ritorno di Ulisse),
ma una storia, come quella lineare di Abramo,
che ha in Lui un avvio e una meta.

Ti sentirai dunque viandante
come Abramo verso la terra promessa,
come Israele nel deserto,
come Gesù nel cammino verso Gerusalemme,
come la Chiesa verso il Regno.

“ ”Via” è chiamata la vita,
poiché ciascun uomo cammina verso una meta.
Come coloro che durante la navigazione
dormono o sono condotti spontaneamente dal vento in porto,
anche se non se ne accorgono,
(perché la corrente li spinge al compimento del loro viaggio),
così anche noi, mentre il tempo della nostra vita scorre,
ci affrettiamo, ciascuno verso il proprio fine,
con il corso insensibile della nostra vita,
come un movimento continuo e inesausto.
Ad esempio, dormi e il tempo ti passa inosservato;
vegli e sei irrequieto.
Tuttavia, la via si consuma,
anche se sfugge alla nostra percezione.
Tutti noi uomini, dunque,
corriamo una sorta di corsa,
ciascuno affrettandoci verso il nostro fine.
Perciò siamo in via.
Così potresti intendere il significato di “via”.
In questa via sei un viandante.
Tutto tu oltrepassi,
tutto resta dietro di te.
Hai visto sulla strada un germoglio o dell’erba, o dell’acqua
o qualunque altra cosa degna di essere osservata.
Ne hai goduto un attimo, sei passato oltre”
(Basilio, Om. sul Sal.1).

domenica 2 giugno 2013

In questi giorni mi sembra importante il risvegliare in te la coscienza di essere persona in cammino, il saperti interrogare, e lasciare che la vita stessa ti interroghi.


SIAMO VIANDANTI SULLA VIA DELLA VITA
di p. attilio franco fabris

A tutti il cammino della vita chiede di gettare qualcosa
e un giorno tutto.
E allora il metterti ogni giorno in cammino,
il ricominciare a gettare
quella semente diviene un atto di speranza
nella possibilità di  tornare un giorno nella gioia carichi di frutti insperati.

Il porsi  in  cammino comporta l’accettazione della sfida del cambiamento;
in un viaggio tante cose cambiano,
imprevisti, incontri, contrattempi, ritardi…:
e questo accettare il cambiamento è faticoso,
talvolta sofferto perché significa
l’abbandonare  una realtà posseduta
per una ricercata e creduta nella speranza.

In questi giorni mi sembra importante
il risvegliare in te la coscienza di essere persona in cammino,
il saperti interrogare,
e lasciare che la vita stessa ti interroghi.
A livello personale il porti delle precise domande:
in questo cammino della mia vita dove mi trovo?
Lascia che il Dio della vita ti interroghi:
Dove ti trovi?
E’ la domanda che JHWH rivolge ad Adamo nascosto:
“Dove sei?”.

E’ dalla conoscenza del “dove mi trovo”
che scopro una via,
quella già percorsa e quella ancora da percorrere:
il cammino della mia vita.

Si tratta cioè di non lasciarti vivere,
ma di imparare con umiltà e pazienza a rivedere
e a riprendere in mano la tua storia,
a ripossedere questo tempo che ti è stato dato in dono.