venerdì 28 febbraio 2014

per le strade del mondo non ci sono solo visi pallidi di indifferenza o arrossati dall'egoismo; camminano tanti «commenti viventi al Vangelo», giovani e anziani, fedeli e persone che credono di non credere ma conducono un'esistenza specchiata e generosa

COMMENTI VIVENTI

Un commento al Vangelo non si deve scrivere ma vivere.
E ci sono molti più commenti viventi al Vangelo di quanto possa sembrare a prima vista.
Propongo queste parole del filosofo austriaco Ferdinand Ebner (1882-1931), prima ateo e poi ardente credente, con qualche imbarazzo, avendo alle spalle una non piccola valanga di pagine di commenti biblici.
Un imbarazzo che dovrebbe colpire anche i predicatori che, a partire da stasera e per tutta la giornata domenicale di domani, intesseranno esposizioni, spiegazioni, applicazioni sui testi biblici della liturgia.
Già un ateo rimasto tale come il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche accusava in questi termini i cristiani:
«Se la buona novella della vostra Bibbia fosse anche scritta sul vostro volto, non avreste bisogno di insistere così ostinatamente perché si creda all'autorità di questo libro: le vostre azioni dovrebbero rendere quasi superflua la Bibbia perché voi stessi dovreste essere la stessa Bibbia».
Ebner, però, apre uno squarcio a cui affacciarsi:
per le strade del mondo non ci sono solo visi pallidi di indifferenza o arrossati dall'egoismo;
camminano tanti «commenti viventi al Vangelo», giovani e anziani, fedeli e persone che credono di non credere ma conducono un'esistenza specchiata e generosa.
Ogni giorno li incontriamo e sono quelli — come scriveva ancora Ebner — che hanno abbattuto tra loro e gli altri e Dio
«la muraglia cinese del proprio io».
Mi piace, allora, finire con un augurio:
che sia possibile anche per noi incidere sulla nostra tomba l'epigrafe che volle per sé questo filosofo:
«Qui giace il resto mortale di una vita umana nella cui grande oscurità ha brillato la luce della vita e in questa luce ha compreso che Dio è amore».
Gianfranco Ravasi