sabato 10 maggio 2014

Se abbiamo la stessa disposizione del cuore e dell'intelligenza che avevano i primi discepoli, questa testimonianza può illuminare la nostra vita e suscitare in noi una fede indefettibile. Ciò che ci è chiesto è un minimo di onestà intellettuale davanti alla parola di Dio e un minimo di attrattiva per la persona di Gesù.


Emmaus

E nel corso dell'ultima Cena, Gesù dà il criterio definitivo di scelta dei testimoni. Giuda gli chiede: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?". Gesù risponde: "Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". Poiché Cleopa e il suo compagno ascoltavano Mosè e i profeti, poiché amavano Gesù, egli ha deciso di manifestarsi a loro malgrado la loro mancanza di fede, precisamente per aumentare la loro fede e per far loro percepire il grande mistero: "Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?".
E come avrebbe potuto il cuore dei discepoli non ardere a mano a mano che cadeva il velo che ricopriva le Scritture per le quali essi avevano una tale venerazione? Come chi ascolta una sinfonia ascolta con delizia innumerevoli variazioni su uno stesso tema, ecco che i nostri pellegrini scoprono che la Bibbia non dice che una sola cosa attraverso la molteplicità dei testi e degli autori; essa dice che "era necessario che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria". Poi, quando la commemorazione della passione è celebrata per mezzo dello spezzare il pane, la fede dei discepoli si consolida e Gesù sparisce. Dopo la più meravigliosa lezione di catechismo che nessun uomo abbia mai ricevuto, i nostri due pellegrini sono divenuti in grado di testimoniare e di fondare la Chiesa senza altro mezzo che la profonda certezza ricevuta dalla pura grazia sul cammino di Emmaus.
Ma cosa c'è per noi? Noi non abbiamo il beneficio dell'apparizione di Cristo risorto, ma quello della testimonianza dei primi discepoli, testimonianza che dura nella Chiesa da duemila anni.
Se abbiamo la stessa disposizione del cuore e dell'intelligenza che avevano i primi discepoli, questa testimonianza può illuminare la nostra vita e suscitare in noi una fede indefettibile. Ciò che ci è chiesto è un minimo di onestà intellettuale davanti alla parola di Dio e un minimo di attrattiva per la persona di Gesù.
La testimonianza della Chiesa ci permetterà allora di percepire il mistero insondabile dell'amore che Dio ci porta nella persona di suo Figlio crocifisso. E noi daremo la nostra adesione di fede nella misura in cui capiremo perché "era necessario che Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria".
Il testo di san Luca ci invita a progredire nella fede, cioè ad accontentarci della Scrittura, dell'Eucaristia, della Chiesa, per incontrare Gesù Cristo. Non abbiamo bisogno d'altro. E se sappiamo ricordarcene nelle ore buie della nostra vita, non dubitiamone, il nostro cuore si aprirà all'azione dello Spirito Santo e sarà subito "ardente".
Poiché la fede è sufficiente a farci sperimentare la gioia pasquale. E questa gioia "nessuno potrà togliercela".
Mons. CHARLES

I discepoli di Emmaus sono amareggiati come Tommaso, anche loro chiusi nel dolore, storditi: non si accorgono neppure che Gesù li accompagna nel loro cammino. Ne conosco molti di cristiani così: fermi al venerdì santo, devoti alla croce, ma incapaci di accogliere la gioia debordante della Pasqua...Guardiamo al Risorto, fratelli, vedrete che le cose cambieranno. Scommettiamo?


 Medita
(don Paolo Curtaz )
Di quanto tempo abbiamo bisogno per credere alla Pasqua?
Quante volte l'abbiamo ascoltato quel messaggio sconcertante eppure straordinario?
Come gli amici di Emmaus,
anche noi camminiamo tristi nella vita, non sapendo bene cosa pensare;
anche noi - come Tommaso - stentiamo ad uscire dalle nostre delusioni.
Eppure due caratteristiche accomunano i tre personaggi in questione:
lo scoraggiamento,
la delusione cocente nella propria vita e
la mancanza di fiducia nella comunità;
domenica scorsa Tommaso non credeva all'annuncio dei suoi amici,
qui Cleopa e l'amico non credono alla testimonianza di "alcune donne, delle nostre".
I discepoli di Emmaus sono amareggiati come Tommaso,
anche loro chiusi nel dolore, storditi:
non si accorgono neppure che Gesù li accompagna nel loro cammino.
Ne conosco molti di cristiani così:
fermi al venerdì santo, devoti alla croce,
ma incapaci di accogliere la gioia debordante della Pasqua.
Intendiamoci:
è straordinaria
la nostra devozione verso il dolore condiviso da Dio nel crocifisso,
è emozionante
fissare lo sguardo sull'uomo che pende dalla croce.
Ma se lì si ferma la nostra fede, siamo degli illusi,
se Gesù non è risorto, non è che uno dei tanti personaggi della storia
che non è riuscito a cambiare un bel niente.
E' molto più difficile condividere la sofferenza che la gioia, e Gesù lo sa.
Cleopa e il compagno sono quasi scocciati dallo sconosciuto ospite:
non si vede a sufficienza la loro sofferenza?
Da dove viene questo straniero?
Gesù li ascolta parlare della propria crocifissione;
lui è già oltre, altrove.
Amico che soffri,
non vedi che il Signore ti cammina accanto?
Non riesci ad alzare lo sguardo e riconoscerlo?
Non c'è che un modo per uscire dal dolore:
non amarlo.
E Gesù lo sa:
li scuote, questi discepoli assonnati e stanchi,
li schiaffeggia con la Parola,
li rimprovera:
dov'è la loro fede?
Non bisognava che accadesse tutto questo?
Non hanno mai letto le Scritture?
No, sono troppo di malumore per ricordarsi delle parole del Rabbì e dei profeti...
La locanda, l'invito a restare:
quello straniero ha detto cose sacrosante,
il cuore si è scaldato,
hanno visto uno spiraglio
e lo invitano a cena.
E l'ospite si ferma
e compie un gesto semplice, banale, visto fare mille volte dal Signore Gesù:
spezza il pane e scompare.
E i due capiscono, vedono ciò che l'attaccamento al loro dolore aveva loro impedito di vedere: Gesù è davvero risorto!
Corrono, questa volta,
tornano indietro, dagli apostoli,
raccontano,
gioiscono,
si capacitano di ciò che davvero è successo.

Anche noi abbiamo davanti tutta la vita per accorgerci che il Maestro è vivo;
anche noi siamo chiamati ad ascoltare la Parola che scalda il cuore e a riconoscerlo nello spezzare il pane, a riconoscerlo pellegrino con noi sulle strade della vita.
Tutte le splendide apparizioni del Risorto seguono lo stesso schema:
c'è una situazione di scoraggiamento, di stallo, lui non viene riconosciuto,
poi accade qualcosa, un gesto,
e Gesù viene riconosciuto:
la voce per Maria,
le bende per Giovanni,
le piaghe per Tommaso,
il pane qui a Emmaus,
la pesca a Tiberiade...
è come se Gesù risorto non fosse evidente,
come se la sua presenza fosse velata,
nascosta da qualcosa.
Sappiamo riconoscere oggi il Maestro risorto nei segni?
Lo sappiamo vedere e incontrare nei mille modi con cui resta in mezzo a noi?
Nel grande segno dell'Eucarestia?
Leggete bene:
sembra una vera e propria liturgia quest'apparizione:
il cammino, l'ascolto delle letture, il pane spezzato, l'annuncio.
Quel gesto che - da allora - le prime comunità fedelmente celebreranno
e che anche noi oggi siamo invitati a celebrare ogni domenica
per riconoscere nel pane spezzato la presenza del Maestro.
Un ultimo appunto:
lasciamo perdere la sofferenza, ve ne prego.
Trasmettiamo davvero l'idea di un cristianesimo dolorante,
di una religione per casi disperati, di un Dio infermiere della Storia!
So che ci sono persone che passano la vita appesi ad una croce, e li amo e li rispetto come icone del Crocifisso.
Ma - molto più spesso - le nostre sofferenze sono
come quelle dei nostri amici di Emmaus,
incapaci di alzare lo sguardo dalla propria delusione.
Guardiamo al Risorto, fratelli, vedrete che le cose cambieranno.
Scommettiamo?

venerdì 9 maggio 2014

Su questo piccolo gruppo, la Chiesa si è edificata e nessuno può entrare nella Chiesa se prima non riconosce la testimonianza di questo piccolo gruppo


Emmaus

Prima di rileggere la nostra vita alla luce del Vangelo, impariamo ad ascoltare questa testimonianza vecchia di duemila anni. Poiché non vi è più alta manifestazione dell'infinità divina che il Cristo morto e risuscitato. E questa apparizione sul cammino da Gerusalemme ad Emmaus assume tutta la sua importanza dal fatto che essa è un avvenimento che si è prodotto una sola volta.
Ora, ecco che Gesù prende la parola e dice: "Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti". L'apparizione è infatti una manifestazione in più della condiscendenza del Cristo che viene in aiuto alla mancanza di fede dei suoi discepoli. c. Uno solo aveva percepito il disegno divino: Giovanni Evangelista, davanti al sepolcro, mentre Simon Pietro restava inebetito, vede e crede. Il discepolo che Gesù amava, che aveva seguito Gesù fin sul Calvario, che all'ultima Cena era stato così vicino al cuore del suo amico, non aveva bisogno di apparizioni per credere: gli bastava il sepolcro vuoto. Un indizio minimo perfeziona la sua fede e gli fa percepire, in piena luce, l'immagine totale della rivelazione. A dire il vero egli non fu il solo a poter fare a meno delle apparizioni. Il silenzio dei Vangeli su Maria, madre di Gesù, è eloquente. Ella, senza neppure recarsi al sepolcro, conosceva così bene suo figlio da non vacillare nella fede nonostante la croce. Maria sapeva già nel fondo del suo cuore che Gesù, il Figlio di Dio, era già seduto alla destra del Padre.
Tuttavia, Gesù non è morto per Giovanni e Maria solamente, ma per tutti gli uomini e soprattutto per i suoi amici Pietro, Cleopa, Tommaso e tutti gli altri che, nonostante tutto il loro amore, non capivano nulla. Le colonne della Chiesa, coloro alla cui testimonianza noi ci affidiamo, gli apostoli, sono stati come noi gente di poca fede. Che cosa si aspetta Cristo da coloro ai quali appare? Luca ce lo spiega: nessuno può dare la sua fede a Cristo se non ha un minimo di fede nell'insegnamento di Mosè e dei profeti. Gi ipocriti, i cuori tortuosi, che conoscono le Scritture, ma che hanno sostituito i propri significati alla parola di Dio, di che cosa possono essere capaci, se non di sopprimere coloro che li hanno generati inchiodandoli su una croce? Abramo aveva avvertito il cattivo ricco: "Se essi non ascoltano né Mosè né profeti, anche se qualcuno risuscitasse dai morti, non si lascerebbero convincere".

Mons. CHARLES

giovedì 8 maggio 2014

Su questo piccolo gruppo, la Chiesa si è edificata e nessuno può entrare nella Chiesa se prima non riconosce la testimonianza di questo piccolo gruppo


Emmaus

Ma qui sorge un dubbio: 
Che cos'ha l'esperienza spirituale qui descritta di specificatamente cristiano? 
Tutti gli uomini devono superare l'angoscia, la tristezza, la disfatta. 
Fanno senza saperlo un'esperienza del Cristo risorto? 
O forse illudiamo noi stessi attribuendo questa esperienza a Dio?
Vi è un'altra ipotesi: 
il nostro modo di affrontare il brano dei pellegrini di Emmaus non è forse quello buono. Il brano non è solo l'espressione dell'immagine della spiritualità cristiana; 
esso è dato come racconto di un avvenimento, e di un avvenimento fondamentale che non può ripetersi. 
L'evangelista precisa il luogo, la data e il nome di uno dei due pellegrini. Nulla ci permette di fare astrazioni da questi indizi. 
Ma il nostro più grande errore di lettura è stato quello di considerare il punto di vista del pellegrino, mentre il racconto è interamente costruito intorno all'intervento di Gesù. I pellegrini non sono che il punto di passaggio privilegiato, il cui ruolo è unico e insostituibile; e noi non abbiamo il diritto, neanche nello spirito, di sostituirci alla prima generazione di cristiani. 
Un piccolo gruppo d'uomini ha conosciuto Gesù prima della sua morte e dopo la sua risurrezione. 
Su questo piccolo gruppo, la Chiesa si è edificata e nessuno può entrare nella Chiesa se prima non riconosce la testimonianza di questo piccolo gruppo guidato dagli apostoli, di cui fanno parte Cleopa e il suo compagno.

Mons. CHARLES

mercoledì 7 maggio 2014

ci siamo identificati nei pellegrini di Emmaus!


Emmaus

Quante volte ci siamo identificati nei pellegrini di Emmaus! 
Spesso l'angoscia ci assale; 
Dio è lontano, 
la Chiesa ci pesa, 
le nostre imprese falliscono. 
Abbiamo voglia di sbattere la porta e di prendere un po' di respiro lontano dalla religione. 
Certe volte l'angoscia è così profonda che niente può distrarcene. 
È allora che accade un avvenimento nella nostra vita, 
un incontro, una parola, una lettura, 
e che a poco a poco le nubi si dissipano, 
la gioia ritorna e l'ottimismo trabocca dai nostri cuori. 
Ciascuno di noi conserva nella memoria qualcuno di questi momenti privilegiati, 
nei quali il Signore è passato furtivamente nella nostra vita.
E nel momento in cui ne abbiamo preso coscienza, egli è già svanito. Soli o in gruppo, i cristiani hanno imparato a vivere il mistero pasquale come una disperazione superata, come il trionfo della generosità sull'egoismo, della gioia sulla tristezza.

Mons. CHARLES

martedì 6 maggio 2014

Pochi brani del Vangelo corrispondono così bene alla sensibilità dei cristiani del nostro tempo come il racconto dei pellegrini di Emmaus.

Emmaus
Pochi brani del Vangelo corrispondono così bene alla sensibilità dei cristiani del nostro tempo come il racconto dei pellegrini di Emmaus. 
Camminavano, tutti e due col viso abbattuto, la sera della festa di Pasqua. 
Evocavano la figura di Gesù, il crocifisso dell'antivigilia, nel quale essi avevano riposto tutte le loro speranze. 
"Speravamo che fosse lui a liberare Israele". 
Quand'ecco che uno sconosciuto si incammina con loro, li ascolta e si informa di ciò che li preoccupa. 
E mentre egli interpreta loro le Scritture, 
la luce irrompe dal fondo della loro tristezza. 
La disperazione si dissipa, 
il coraggio ritorna. 
E, senza rendersene conto, 
trovano presso questo sconosciuto un conforto stupefacente. 
"Resta con noi, perché si fa sera". 
Poi, nel momento in cui riconoscono Gesù nel gesto dello spezzare il pane, quello scompare davanti ai loro occhi...
Mons. CHARLES

lunedì 5 maggio 2014

Il cuore riscaldato e riaperto dal segno della Parola spiegata implora il viatico di un segno più intimo, quello del pane spezzato.

L'inizio del cammino è un allontanarsi dal Crocifisso.
La crisi della croce sembra aver seppellito ogni speranza.
Colui che l'ha fatta nascere, l'ha portata con sé nella tomba.
Non bastano voci di donne per farla rinascere.
Gesù raggiunge i due subito a questo inizio
e chiede di spartire con loro domande e scandalo.
Ecco la prima tappa, quella del problema posto ad ogni persona dall'evento Gesù, il Crocifisso.
L'appello di Cristo ci raggiunge sulla strada della nostra fede incompiuta e della sua domanda.
Gesù non arriva di faccia, ma da dietro, come dice il testo greco, e cammina a fianco, da forestiero.
Il passaggio al riconoscimento ha bisogno della spiegazione delle Scritture.
Solo il Risorto ne è l'interprete adeguato.
Il cuore riscaldato e riaperto dal segno della Parola spiegata implora il viatico di un segno più intimo, quello del pane spezzato.
Gesù, però, sparisce.
La Chiesa non può trattenere Gesù nella visibilità storica di prima.
Deve sapere e credere che egli è vivo con lei e la vivifica nell'Eucaristia.
I discepoli capiscono e tornano a Gerusalemme per condividere con gli apostoli la testimonianza.
Emmaus è un capolavoro di dialogo confortante.
Emmaus assicura tutti che, quando ascoltano la Scrittura nella liturgia della Parola e partecipano allo spezzare del pane nella liturgia eucaristica, sono realmente incontrati da Cristo e ritrovano fede e speranza.
Francesca Favero e Roberto Zago.
liturgiadellaparola@libero.it

domenica 4 maggio 2014

Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo.


Gesù non chiede,offre tutto di sé 
Ermes Ronchi

Ed ecco, in quello stesso giorno (il primo della settimana) due dei (discepoli) erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. (...)

La strada da Gerusalemme a Emmaus è metafora delle nostre vite, racconta sogni in cui avevamo tanto investito e che hanno fatto naufragio, bandiere ammainate alle prime delusioni. I due discepoli abbandonano la città di Dio per il loro villaggio, escono dalla grande storia e rientrano nella normalità del quotidiano. Tutto finito, si chiude, si torna a casa. Ed ecco Gesù si avvicinò e camminava con loro. Se ne stanno andando e lui li raggiunge. 
Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo. 
Con Dio c'è sempre un dopo. 
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele, invece... nella loro idea il Messia non poteva morire sconfitto, il Messia doveva trionfare sui nemici. Non hanno capito e lui riprende a spiegare. E interpretando le scritture, mostrava che il Cristo doveva patire. Fa comprendere quella che è da sempre l'essenza del cristianesimo: la Croce non è un incidente, ma la pienezza dell'amore. I due camminatori ascoltano e scoprono una verità immensa: c'è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo, sulla croce. Così nascosta da sembrare assente, sta tessendo il filo d'oro della tela del mondo. Forse, più la mano di Dio è nascosta più è potente. E il primo miracolo si compie già lungo la strada: non ci bruciava forse il cuore mentre ci spiegava le Scritture? Trasmettere la fede non è consegnare delle nozioni di catechismo, ma accendere cuori, contagiare di calore e di passione chi ascolta. E dal cuore acceso dei due pellegrini escono parole che sono rimaste tra le più belle che sappiamo: resta con noi, Signore, rimani con noi, perché si fa sera. Resta con noi quando la sera scende nel cuore, resta con noi alla fine della giornata, alla fine della vita. Resta con noi, e con quanti amiamo, nel tempo e nell'eternità. No, lui non se n'è mai andato. Lo riconobbero per il suo gesto inconfondibile: spezzare il pane e darlo. Lui che non ha mai spezzato nessuno, spezza se stesso. Lui che non chiede nulla, offre tutto di sé. E proprio in quel momento scompare. Il Vangelo dice letteralmente: divenne invisibile. Non se n'è andato altrove, è diventato invisibile, ma è lì con loro. Scomparso alla vista, ma non assente. Anzi: «assenza più ardente presenza» (A. Bertolucci), in cammino con tutti quelli che sono in cammino, Parola che spiega e interpreta la vita, Pane per la fame di vita. Forse la più bella preghiera da elevare a Dio è quella di Rumi: «ecco io carezzo la vita perché profuma di Te!». Lungo la strada, una carezza per chi prova dolore, un boccone di pane per chi sta per venir meno, e sentiremo profumo di Te.