sabato 28 settembre 2013

È molto importante avvertire i vari linguaggi della consolazione e i vari linguaggi della desolazione, perché si articolano in mille modi.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Consigli pratici

  Adesso passiamo alla quinta regola.
Abbiamo visto qual è il linguaggio base del nemico:
quando cerchiamo il male, ci dà i piaceri;
quando cerchiamo il bene,
negli esercizi normalmente cerchiamo il bene,
allora è proprio di Dio allargarci il cuore
ed è proprio del nemico il chiudercelo nella desolazione.

È molto importante avvertire i vari linguaggi della consolazione e i vari linguaggi della desolazione, perché si articolano in mille modi.
Il nostro linguaggio che è di parola esterna
produce in noi un linguaggio interiore che è
o di consolazione o di desolazione,
crea risonanze interiori di gioia o di tristezza con infinite sfumature ed
è bene conoscerle, perché poi la nostra azione sarà la nostra reazione davanti a quella parola,
quella realtà è venuta in base ai sentimenti interiori che abbiamo.

 

venerdì 27 settembre 2013

la distanza tra me è il Vangelo è esattamente il luogo del dono, della richiesta, dell'umiltà, del perdono, della fiducia, di ciò che il Signore vuol farmi, se io lo desidero e lo chiedo.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Consigli pratici

Quando leggiamo il Vangelo, la prima cosa di cui ci accorgiamo è che il Vangelo è molto più in là di me e che lo sento come una cosa molto lontana.
Allora il primo sentimento che ho è di disimpegno,
la seconda idea che mi viene in mente è: non ce la faccio.
Quindi il Vangelo diventa oggetto di presunzione, di disperazione, di sfiducia.

Non è per questo che il Signore ci ha proposto la sua Parola.
Poiché la distanza tra me è il Vangelo è esattamente il luogo del dono, della richiesta, dell'umiltà, del perdono, della fiducia, di ciò che il Signore vuol farmi, se io lo desidero e lo chiedo.
E questo è molto importante perché se no sarebbe come a dire che queste cose non sono adatte me, perché io non riesco a farle, nessuna delle cose spirituali io riesco a farle, il lavoro spirituale lo fa lo Spirito in me.
Da parte mia c'è il desiderio e la volontà di desiderare e di chiedere, dice Ignazio. Quindi la vita
spirituale non  è presunzione, è dono, per questo deve esserci conoscenza e desiderio.
E quando il dono eccede le mie possibilità, siccome sono orgoglioso, lo rifiuto o lo pretendo come risultato delle mie azioni.

giovedì 26 settembre 2013

E' proprio al di dentro la vera lotta, è a questo livello, però spesso neanche l’avvertiamo, perché viviamo fuori casa, non avvertiamo queste cose e diciamo che così siamo spontanei, no, in noi c’è spontaneo il bene e il male, sono due spontaneità opposte, sta a noi riconoscerle e prenderne atto.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

   La quarta regola [317] ci parla della desolazione. È l’opera tipica del nemico quando cerchiamo il bene, che ci lascia soli, ecco il concetto della solitudine,  dell’abbandono,  il fondo dell’inferno. 
L’uomo è relazione e nella solitudine  “non è”,  con tutto ciò che comporta la solitudine. E allora descrive  appunto  quest’opera del nemico in noi.
La prima cosa è l’oscurità, si  capisce che la compagnia è la luce della vita, l’uomo è relazione, da solo è all’oscuro, non sa chi è, è definito dall’altro. Questo chiuderci in noi nelle nostre oscurità è 
così tipico,  ma  non viene da Dio. Quindi il turbamento,  quindi l’inclinazione alle cose  basse e terrene per compensarci; non sapendo chi sono, riempio il mio vuoto di tutto ciò che posso, quindi 
l’inquietudine, non sono mai sazio, sono cose che non vengono mai da Dio. Le agitazioni, le oscurità, i turbamenti, inclinazioni negative, inquietudini e tentazioni, sono cose che conosciamo molto bene, vale la pena di avvertirle perché ci sono anche quando non le avvertiamo, di riconoscere che sono negative e di respingerle e così sto molto meglio.
   Poi  continua a descrivere;  c’è un secondo aspetto della desolazione, che è quando l’anima è senza fiducia, senza speranza e senza amore, il contrario delle virtù teologali. Tutto ciò che mi toglie fiducia, speranza e amore non viene mai da Dio. Così mi trovo pigro, tiepido, triste, come separato dal Creatore e dal Signore. Il male lo faccio poi io per deflessione, il male non è nelle cose, lo faccio io. Il nemico mi turba con questi sentimenti negativi, poi quando ho questi sentimenti negativi, se li accolgo evidentemente il male lo faccio per ignoranza, per confusione, per errore, per questi sentimenti negativi.
  “Come  infatti  la consolazione è contraria alla desolazione, così i pensieri che nascono dalla consolazione sono opposti ai pensieri che nascono dalla desolazione”, cioè da questo stato d’animo, consolato o desolato nascono due modi di pensare, due modi di vedere il mondo e la vita e quindi due modi opposti di agire ed è per questo che dobbiamo essere avvertiti alla radice. La radice 
è questo Spirito buono che è quello che in noi c’è e la vita spirituale è soprattutto l’avvertenza di queste due cose.
   Allora è importante nell’esame della coscienza capire qual è il primo oggetto dell’esame: sono i pensieri e i sentimenti  che mi hanno mosso, in modo da prenderne coscienza e da avvertirli e 
quindi sapere come  atteggiarmi  interiormente, perché  poi per il resto  l’uomo agisce secondo quello che sente dentro e appunto il principio del bene e del male, della vita nuova e della vita nella 
schiavitù. E proprio al di dentro la vera lotta, è a questo livello, però spesso neanche l’avvertiamo, perché viviamo fuori casa, non avvertiamo queste cose e diciamo che così siamo spontanei, no, in 
noi c’è spontaneo il bene e il male, sono due spontaneità opposte, sta a noi riconoscerle e prenderne atto.
Vedete  anche la puntigliosità  con cui  sono descritte, il linguaggio è molto articolato, poi sarà anche difficile distinguerle perché si possono intrecciare e combinare, però qui avete, se non altro, il linguaggio base: quando cerco il male il nemico  interviene sempre mediante il piacere e Dio mi dà il rimorso perché mi ha dato l’uso di ragione, quando cerco il bene Dio mi dà attrazione, fiducia e 
consolazione e il nemico mi da desolazione, è normale che sia così.
Tra l’altro tutte queste regole sono, in modo molto sintetico,  la raccolta  di tutta la  tradizione cristiana della filocalia, ma le troviamo tutte nella Scrittura, da Genesi in poi.

mercoledì 25 settembre 2013

Questo è il linguaggio base dello spirito, tant’è vero che la vera ascesi spirituale è quella di saper scacciare il linguaggio del nemico che è quello opposto.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

Adesso  cerchiamo di vedere  i termini di consolazione e desolazione, perché in questi due termini  è contenuta tutta la varietà delle nostre mozioni interiori.
Vediamo prima la consolazione.
   La  terza regola  [316] parla della  consolazione. La consolazione spirituale è il moto intimo dell’anima. Ci sono questi movimenti interiori che poi muovono tutto il resto. E come consolazione per prima cosa s’intende quel moto intimo con cui l’anima si infiamma dell'amore per il suo Creatore.
Quindi è innanzitutto il linguaggio dell’amore.
L’amore per il Signore viene solo da Dio e non è mai un’illusione, siamo fatti per questo.
Come per esempio quando l’anima non riesce ad amare per se stessa nessuna cosa creata sulla terra ma solamente in relazione al Creatore di tutto. Cioè è un amore ordinato, che non è in alternativa
a Dio, che non sarebbe amore, ma è proprio un amore intimo. Allora la consolazione non è perché ho mangiato bene, ho dormito bene, sono stato bene, ho imbrogliato bene il prossimo, ho guadagnato 
tanto e sono contento, questa non è la consolazione.
La consolazione è un moto intimo dell’anima per cui ti infiammi d’amore del Signore e solo del Signore. Questa è la prima accezione di consolazione, che non può venire che da Dio ed è 
importantissimo avvertire queste cose perché il Signore me le mette dentro, se io le avverto, le conosco, le trattengo, crescono.
Se io le lascio passare rimango sempre la bestia che sono.
Per questo è importante riconoscerle e  insiste Ignazio nel direttorio di spiegare bene tutte le sfaccettature della consolazione perché è articolata in infiniti modi e bisogna conoscerle tutte, perché l’uomo è articolato in infiniti modi e tutti questi modi sono modi di comunicazioni di Dio 
alla persona, di crescita per la persona.
Quindi il primo è il linguaggio dell’amore.
Il secondo è il linguaggio della compassione, quando la persona versa lacrime che lo spingono all’amore del Signore, o a causa dei dolori dei peccati, o per la Passione di Cristo, o per altre 
cose direttamente interessate al suo servizio e lode. È interessante che questo amore per il Signore diventi compassione, cioè avere gli stessi sentimenti, sia di dolore per il male, sia di passione positiva per il servizio.
Sono tutti sentimenti di consolazione che vengono da Dio, da trattenere e da far crescere. Difatti nella preghiera, se notate, è scritto di non avere fretta di andare avanti, ma di sentire e gustare. 
Cioè, quando il Signore muove qualche cosa nello spirito, devo trattenere questo, starci su, non respingere, non avere fretta. Una volta che lo avverto, la preghiera sta lì, è accogliere il Signore tutto il tempo che Lui vorrà, ed è così che cresco.
Poi c’è una terza accezione di consolazione che riguarda tutte le virtù teologali e che culmina nella gioia. 
“Infine chiamo consolazione ogni aumento di speranza, di fede e di amore e ogni tipo di intima letizia che sollecita e attrae alle cose celesti e alla salvezza della propria anima rasserenandola e 
pacificandola nel proprio Signore e Creatore.”  Se voi notate, nel termine di consolazione, esce quella costellazione di parole nelle quali l’uomo sta di casa, cioè l’amore del Creatore, l’amore ordinato delle creature, la compassione, la fede, la speranza, la carità, la letizia, l’attrazione all’altro, la serenità e la pace. Sono i vari modi coi quali il Signore ci  visita,  quindi è importante saperli avvertire, riconoscere e trattenere.
Questo è il linguaggio base  dello spirito, tant’è vero che la vera ascesi spirituale è  quella di  saper scacciare il linguaggio del nemico che è quello opposto.
La vera lotta è interiore, è la purificazione del cuore.
Questa purificazione avviene, non per metodi repressivi, ma attraverso l’avvertenza, la conoscenza e 
l’acconsentire al bene e fare il contrario col male.
Come vedete questo è il principio della vita spirituale: 
avvertire, conoscere, acconsentire  o dissentire.

martedì 24 settembre 2013


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

La terza e la quarta regola sono lo sviluppo di quanto detto.
    Nella terza  regola  [316] si presenta il concetto di consolazione
e nella regola quarta [317] il concetto di desolazione.
Consolazione e desolazione sono il linguaggio base della vita spirituale.
Il primo linguaggio non è ancora vita spirituale, quello del piacere e del rimorso, siamo prima della vita spirituale, quando cerco il male.
Quando cerco il bene invece entro nel gioco della consolazione e della desolazione.
Per capire il termine di consolazione e desolazione tenete presente la  parola  consolare,  vuol dire  stare con uno che non è solo, ed è tipico dello Spirito Santo che è il Paraclito, colui che sta con te, paracaleo, è l’avvocato difensore, colui che ti difende, ed è tipico di Dio, che è relazione, che è amore, che è l’Emmanuele, Dio con noi, è tipico di Dio consolare.
La consolazione è il linguaggio tipico dello Spirito di Dio che è con noi e non ci lascia soli.
Il nemico, che è il contrario di Dio, è colui che ci desola, che ci lascia soli, infatti il suo nome è il contrario di Paraclito, si chiama satana. Mentre il Paraclito sarebbe l’avvocato difensore, satana è il 
pubblico ministero, colui che ti accusa. È chiamato anche diavolo, il divisore, colui che ti divide, stacca, il contrario dello Spirito Santo che mette insieme, ti ricompone.


lunedì 23 settembre 2013

cosa fa lo spirito cattivo? Rimorde, rattrista, crea impedimenti, turbando con false ragioni, affinché non si vada avanti.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

    La seconda regola [315] invece  è l’opposto  della precedente, cioè quando cerchi il bene,  quando ti vai purificando intensamente dai peccati, e procedi di bene in meglio, al servizio di Dio nostro Signore, cosa fa lo spirito cattivo?
Rimorde, rattrista, crea impedimenti, turbando con false ragioni, affinché non si vada avanti.  Quando tu cerchi il bene, tutto quello che fa è di impedirti di andare avanti, attraverso che cosa? Rimorsi, tristezze, ti fa ricordare il tuo male così pensi che tu non ce la fai, ti fa vedere il male in te, 
fuori di te, ti accascia, ti toglie la fiducia.
Questo viene dal nemico, quindi cosa devo fare?
Semplicemente respingerlo.
Lo  Spirito  buono cosa mi dà?
Mi dà coraggio, forza, consolazione, lacrime, ispirazioni, pace, mi rende facili le cose, toglie ogni impedimento  affinché si vada avanti nell’operare il bene.
Il criterio del nemico è impedire d’andare avanti, tutto ciò che t’impedisce di camminare nel bene viene dal nemico.
Il Signore fa sì che tu possa andare avanti.

domenica 22 settembre 2013

il male deve sempre apparire come bene, se no chi lo fa?


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

Adesso vediamo le regole.
   La  prima regola dà il linguaggio fondamentale quando noi cerchiamo il male,
la seconda da’ il linguaggio quando noi cerchiamo il bene,
poi la  terza e la  quarta lo specifica.
Le altre sono invece regole di comportamento.

   La prima regola  (314).
Quando facciamo il male, come avviene il meccanismo del male?
La storia è presa da Genesi 3,6, il male deve sempre apparire come bene, se no chi lo fa? 
Nessuno fa il male a fin di male e perché sembra male.
Il male deve sempre sembrare buono, bello e desiderabile come il frutto proibito, però qual è il risultato?
Che chi mangia questo frutto si sente nudo e non si  sazia, quindi capisci che c’è l’inganno.
Questo è il metodo costante del nemico quando agisce con noi quando cerchiamo il male.
"Alle persone - dice la  prima regola, [314] - che vanno da peccato mortale in peccato mortale, il nemico comunemente suole proporre piaceri apparenti, facendo loro immaginare piaceri e godimenti sensuali, perché meglio persistano e crescano nei loro vizi e peccati.”
Quindi il nemico ci adesca mediante il piacere apparente. 
Il piacere è sufficiente come principio d’azione per l’animale, perché l’animale è programmato per la conservazione dell’individuo, che è il cibo, per la conservazione della specie che è il sesso, e basta, gli basta questo perché è animale. 
L’uomo invece non è né per la conservazione dell’individuo né della specie, l’uomo è un unicum, è partner di Dio, quindi il suo fine non è la natura, il suo fine è la relazione con l’Altro, con Dio.
Quindi la differenza è che per l’animale il piacere è sufficiente perché così soddisfa la sua natura, mentre  per  l’uomo no,  l’uomo che ha soddisfatto il piacere non è soddisfatto, è apparente perché 
il piacere non dà gioia, l’uomo è fatto per la gioia e la gioia è una relazione, è qualcos’altro. 

L’uomo è costituito proprio dalla dialettica tra piacere e dovere, è qualcos’altro rispetto al piacere. In Genesi 3 il piacere è la regola dell’azione e ci si sbaglia; uno è schiavo a nome del piacere.
Poco male se almeno fosse felice,  invece dopo l’uomo si scopre nudo, triste, vergognoso, non si accetta e litiga con gli altri, perché è fatto per qualcos’altro.
Si capisce che il piacere è apparente perché
“il dopo” non ti piace, se mi piacesse si riproverebbe ad averlo.
La regola con la quale lo vedi non è il piacere ma sarà un’altra.
Così mi piace volare e mi butto dal decimo piano perché mi piace l’ebbrezza del volo, sì, è un  piacere immediato brevissimo, poi c’è un dispiacere.
Il criterio che ha l’uomo è quello del dopo, dopo ti sazia o non ti sazia?
E l’uomo è l’unico  animale che ha un dopo, è trascendente. Ecco allora, il comportamento secondo il piacere come unico criterio è sempre comunque sbagliato e il nemico lo usa come esca. Il male si fa perché piace, se no non lo si fa, però ti accorgi che non appaga, cioè il male ti appaga immediatamente ma poi lo paghi molto caramente. 
Il bene, al contrario, lo paghi subito e poi ti appaga.
Questa è la prima regola che distingue l’uomo dall’animale.
All’animale gli basta il piacere, l’uomo no, fa qualcos’altro che dovrà poi definire, fa parte della sua natura.
Quando cerchiamo il male il piacere diventa  il criterio, che però appunto non appaga.
Quando cerchiamo ancora il male, cosa fa lo Spirito buono?
Ci rimorde con la coscienza, cioè la ragione ci fa capire che non siamo fatti per questo, entriamo in conflitto con noi stessi, e questa è opera di Dio.
Quindi non bisogna togliere i sensi di colpa, ho ucciso e non sento colpa: molto  male, devi sentirla; ho fatto il male e non sento rimorso: molto male, devi sentirlo, se  no vuol dire che non hai uso di ragione. È proprio la ragione che ci fa capire che siamo fatti per qualcos’altro e ti fa sentire il rimorso e ci fa sentire lo scarto fra ciò che abbiamo fatto e quello per cui siamo fatti. 

E questa  qui  è la prima regola quando cerchiamo il male, il nemico ci dà il piacere, Dio attraverso la coscienza ci dà il dispiacere, perché non siamo fatti per quello. La regola è molto semplice, trattenere i moti buoni e respingere quelli cattivi, ciò vuol dire che non devo agire in base al criterio del piacere, devo vedere o no se quel piacere è vero, se mi costruisce oppure no.