sabato 11 maggio 2013
Il confronto con il demone è così il confronto con la parte oscura che ognuno ha dentro di sé, o la lotta con atteggiamenti interiori sbagliati che ci ostacolano nel cammino verso Dio e il Bene.
Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.
Evagrio personifica il vizio come fosse qualcosa che ci sta di fronte e che è indipendente da noi,
un demone che cerca di provocare la pulsione, l’emozione.
E ciascuno degli otto demoni possiede una sua tecnica.
Il confronto con il demone è così
il confronto con la parte oscura che ognuno ha dentro di sé,
o la lotta con atteggiamenti interiori sbagliati che ci ostacolano nel cammino verso Dio e il Bene.
Così il “demone della gola”
induce il monaco a spezzare il digiuno piuttosto che indurre a cibarsi in modo eccessivo.
La sua strategia è raffinata e si nasconde
dietro intellettualizzazioni, motivi ragionevoli,
razionalizzazioni che spingono il monaco a parlare ai fratelli di acciacchi e malanni
che coprono lo scopo del demone.
Il “demone della lussuria”
induce a desiderare corpi seducenti e attacca in modo spietato i casti,
per spingerli a lasciar perdere la castità,
dato che in tal modo non ottengono nulla.
Questo demone lavora facendo leva sulla fantasia,
che riempie di immagini e pensieri impuri fino ad oscurare l’intelletto.
Attacca il monaco all’improvviso suscitando in lui una passione sfrenata,
“penetra nel corpo del monaco e lo incendia”.
Il “demone dell’avarizia” fa temere un’età avanzata, carestie immanenti, la povertà e la vergogna che si prova a dover ricevere il necessario dagli altri. Anche in questo caso il demone non attacca i desideri, ma spaventa il monaco con una serie di motivi contro la generosità e gli fa temere la povertà. Pur non stimolando la pulsione, i pensieri così instillati producono paura e privano dello slancio interiore necessario per contenere questa pulsione a trattenere per sé.
Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006
venerdì 10 maggio 2013
È importante tenere presente che “quando i monaci parlano dei demoni, vogliono descrivere la realtà nel modo in cui ne hanno fatto esperienza.
Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.
Quello che oggi viene definito in psicologia come “fuga nella malattia”
per i monaci è opera dei demoni.
È importante tenere presente che “quando i monaci parlano dei demoni, vogliono descrivere la realtà nel modo in cui ne hanno fatto esperienza.
A tale scopo hanno a disposizione un linguaggio non ancora scisso tra immagini e concetti,
ma che unificava in sé concetto e immagine, parola e simbolo.
Se interpretiamo le descrizioni dei monaci come immagini che fanno riferimento ad un’ esperienza reale, allora esse possono esserci di grande aiuto per comprendere e affrontare le nostre esperienze”.
Pensando ai demoni come dei “superesseri terribili” fraintendiamo quello che i padri hanno voluto trasmetterci nelle loro demonologie.
“Proprio il fatto che i monaci parlino dei demoni in modo così mutevole […] mostra che essi non si riferiscono all’essenza dei demoni, ma al loro operato e quindi ai processi psichici”.
La distinzione in tipi di demoni della dottrina di Evagrio Pontico e di Cassiano, ma presente anche in Climaco, Massimo il confessore ed altri,
si riferisce agli otto vizi:
gola, lussuria, avarizia, tristezza, ira, accidia, vanagloria (sete di gloria), orgoglio.
La suddivisione rispecchia la tripartizione platonica.
I primi tre vizi (gola, avarizia, lussuria)
vengono attribuiti alla parte concupiscente dell’anima (epithymìa).
“Corrispondono a pulsioni fondamentali e potrebbero essere attribuiti
alla fase orale, anale ed edipica dello sviluppo della prima infanzia;
tali pulsioni sono proprie della natura umana
e non possono essere semplicemente messe da parte,
ma vanno integrate, in modo tale che raggiungano la giusta misura”.
I tre vizi successivi sono più difficili da tenere a freno (tristezza, ira, accidia)
in quanto non si lasciano tenere a freno come le pulsioni.
“Un corretto rapporto con questi vizi richiede un equilibrio ed una maturità interiori,
che possono essere raggiunti solo
mediante un confronto sincero con i pensieri e gli stati d’animo e
con l’aprirsi a Dio senza riserve”.
Gli ultimi due vizi (vanagloria e orgoglio)
sono ancora più difficili da combattere dato che lo spirito è il meno propenso a farsi domare.
Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006
giovedì 9 maggio 2013
Possono suggerire giudizi negativi sui confratelli o a rovistare nei panni sporchi degli altri rendendo ciechi se stessi
Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.
Un’altra tecnica dei demoni consiste nel provocare conflitti fra i confratelli.
Possono suggerire giudizi negativi sui confratelli o a rovistare nei panni sporchi degli altri rendendo ciechi se stessi.
Il padre del deserto Niceta racconta di due confratelli che decisero di condurre una vita comune promettendosi carità reciproca:
“Se il mio confratello desidererà qualcosa allora lo farò”.
Per molti anni tutto andò bene ed in grande armonia.
“Quando il ‘Nemico’ vede che cosa succede tra loro, si mette in moto per separarli.
Piazzatosi davanti alla porta, si mostra all’uno in forma di colomba, all’altro in forma di cornacchia. Allora uno dice: ‘Guarda che colomba’.
E l’altro ribatte: ‘Ma se è una cornacchia’.
E con grande gioia del nemico cominciano a litigare, contraddicendosi l’un l’altro, si alzano, si mettono a lottare fino a sanguinare e finiscono per separarsi.
Dopo tre giorni ritornano in sé e si gettano l’uno ai piedi dell’altro e ciascuno ammette di aver visto un uccello”.
“Con gli uomini di mondo i demoni combattono più per mezzo delle cose,
mentre con i monaci la lotta si svolge prevalentemente facendo leva sui pensieri”.
Con le persone giovani fanno leva principalmente sulle passioni fisiche, sulle pulsioni,
mentre con le persone più anziane fanno leva sulla parte emozionale
attraverso l’ira, la tristezza, l’indolenza, il malumore.
Evagrio sostiene che il compito degli anziani sia più difficile in linea con quanto sostiene Jung,
perché se nella prima parte della vita l’uomo dovrebbe indirizzare l’energia delle sue pulsioni sui percorsi giusti integrando contenuti dell’inconscio personale,
nella seconda metà della vita si ha a che fare con l’integrazione dell’anima e quindi dei contenuti dell’inconscio collettivo.
Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006
mercoledì 8 maggio 2013
nella passione è nascosta una forza, che può arrivare a dominare l’uomo, il quale a sua volta, in questo modo, cade sotto il controllo dei demoni.
Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.
Anselm Grün adotta la prospettiva di Evagrio, monaco cristiano del IV, il quale parla di otto “loghismoi”, di otto “vizi” e in un libro di nove, avvicinandosi molto alla teoria dell’enneagramma, alla dottrina dei nove tipi di personalità.
I loghismoi
“I loghismoi non sono semplicemente vizi o peccati,
ma pensieri o passioni influenzati dai sentimenti;
nella passione è nascosta una forza,
che può arrivare a dominare l’uomo,
il quale a sua volta, in questo modo,
cade sotto il controllo dei demoni.
Tuttavia,
questa forza può anche essere resa produttiva
per il proprio progetto di vita
e fatta diventare, quindi, una fonte di energia,
che mi fa proseguire nel cammino verso Dio”.
I demoni combattono con gli uomini in modi diversi,
“vanno alla ricerca dei punti deboli dell’uomo,
delle sue inclinazioni e preferenze
e le rinforzano senza che egli se ne accorga […]
il male si mimetizza da debolezza innocente o da inclinazione
e tuttavia è in grado di rendere
cieco l’uomo di fronte alla realtà,
cieco persino di fronte alla verità”.
Oppure pretendono dai monaci un’ascesi eccessiva.
Il padre del deserto Poemen dice chiaramente:
“Ogni eccesso proviene dai demoni”.
I demoni sono privi di misura e non possiedono alcuna “discrezio”.
Non sono capaci di riconoscere quando una regola deve essere adattata alle circostanze.
“Nel momento sbagliato consigliano la cosa giusta,
che in questo modo diventa sbagliata.
Sottopongono gli uomini a regole rigide,
senza prendere in considerazione la situazione […] fissati sul rispetto rigido delle regole
e così abusano del bene per condurre il monaco in un vicolo cieco,
nel quale egli perde la misura delle cose e diventa un mero esecutore della legge”.
Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006
martedì 7 maggio 2013
essi cercano di osservare il male come esso si presenta, di comprenderne le strutture e i modi di agire, per poterlo affrontare meglio nell’attimo presente.
Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.
La psicologia tende ad andare alla ricerca delle cause nel passato per accettarle e trasformarle.
Tutt’altro approccio era quello del monachesimo:
“I monaci non si curano del modo in cui il male è sorto nell’infanzia,
ma descrivono il male come qualcosa di presente,
come attacco dei demoni;
essi cercano di osservare il male come esso si presenta,
di comprenderne le strutture e i modi di agire,
per poterlo affrontare meglio nell’attimo presente.
Questo è un aspetto importante del rapporto con il male.
Ancora oggi esiste il rischio di cercare la spiegazione solo nel passato,
invece di metterci di fronte a ciò che ci coinvolge.
Alcuni cercano di giustificare il male compiuto ora, con la storia personale delle ferite subite nel passato e, quindi, non si assumono la responsabilità della propria vita e del proprio comportamento.
I monaci ci invitano ad affrontare la sfida presente,
a osare la lotta ora
e a non ripiegare su fantomatici campi di battaglia del passato”.
Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006
lunedì 6 maggio 2013
Avvertivo la sensazione che molte delle persone che mi telefonavano volessero addossarmi la responsabilità dei loro problemi, non volessero confrontarsi con essi, ma piuttosto usarmi come guaritore che con la preghiera levasse da loro il male
Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.
Anselm Grün è monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach. Ha studiato filosofia e teologia ed è autore di più di 300 libri, tradotti in 33 lingue, che nell’insieme hanno venduto circa 16 milioni di copie. È uno degli autori cristiani più letti dei nostri tempi ed un esperto di psicologia, un buon conoscitore del pensiero junghiano. In questo piccolo saggio affronta il tema del male, che rimane un mistero insondabile, inspiegabile.
Così come Dio è mistero, la teologia parla del male come “mysterium iniquitatis”, di “mistero del male”.
Siamo sempre più confusi e sconcertati quando leggiamo sui giornali di persone che in modo efferato uccidono o violentano altre persone.
Un ragazzo timido e all’apparenza gentile, tutto ad un tratto, violenta e uccide una ragazza.
Un uomo entra in una scuola e stermina insegnanti e alunni.
Una madre uccide suo figlio in fasce.
Un ragazzo ritenuto normale da tutti? Come è potuto entrare il male in lui? C’era già il male in lui? Da dove viene questo male?
Un ragazzo timido e all’apparenza gentile, tutto ad un tratto, violenta e uccide una ragazza.
Un uomo entra in una scuola e stermina insegnanti e alunni.
Una madre uccide suo figlio in fasce.
Un ragazzo ritenuto normale da tutti? Come è potuto entrare il male in lui? C’era già il male in lui? Da dove viene questo male?
Anselm Grün, racconta di molte persone che si rivolgevano a lui chiedendogli di liberarle dal male, “di scacciare da loro il diavolo con la preghiera e l’esorcismo:
“Avvertivo la sensazione che molte delle persone che mi telefonavano volessero addossarmi la responsabilità dei loro problemi, non volessero confrontarsi con essi, ma piuttosto usarmi come guaritore che con la preghiera levasse da loro il male. Tuttavia una tale fuga dalla propria anima, indotta da motivi oscuri, non conduce affatto alla liberazione dal male, al contrario, si rimane prigionieri del meccanismo distruttivo”.
“Avvertivo la sensazione che molte delle persone che mi telefonavano volessero addossarmi la responsabilità dei loro problemi, non volessero confrontarsi con essi, ma piuttosto usarmi come guaritore che con la preghiera levasse da loro il male. Tuttavia una tale fuga dalla propria anima, indotta da motivi oscuri, non conduce affatto alla liberazione dal male, al contrario, si rimane prigionieri del meccanismo distruttivo”.
La psicologia spiega il male a partire dalla biografia, dalla storia personale.
Il male può nascere
da eccessivi rifiuti a soddisfare i bisogni pulsionali.
Oppure da ferite subite nell’infanzia: tradimenti, abbandoni, rifiuti, violenza.
Le ferite ricevute e non elaborate possono trasformarsi in veleno che finisce per condannare noi stessi e gli altri.
Il male può essere, per esempio, una reazione ad una ferita insopportabile, ad un dolore che non riusciamo ad accettare e ad attraversare.
Il male può nascere
da eccessivi rifiuti a soddisfare i bisogni pulsionali.
Oppure da ferite subite nell’infanzia: tradimenti, abbandoni, rifiuti, violenza.
Le ferite ricevute e non elaborate possono trasformarsi in veleno che finisce per condannare noi stessi e gli altri.
Il male può essere, per esempio, una reazione ad una ferita insopportabile, ad un dolore che non riusciamo ad accettare e ad attraversare.
Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006
Per riflettere:
Per riflettere:
l’interesse del nemico (Diavolo) non è quello di impedirci di usare i
doni di Dio, ma di offuscare, dentro di noi, la coscienza
della loro preziosità, in modo che, apprezzandoli poco, poco li
sviluppiamo e poco li custodiamo; la nostra psicologia non gli è
ignota, e sa bene che non siamo disposti a faticare e a soffrire per
ciò che, ai nostri occhi, vale poco. Gli basta perciò sminuire il
valore delle virtù cristiane, offuscando il loro splendore
cristallino, per toglierci la motivazione di praticarle. (don Vincenzo Cuffaro)
domenica 5 maggio 2013
perché è necessaria l’azione di un secondo Paraclito, forse che Gesù non ha detto già tutte le verità che il Padre gli aveva affidato?
Una nota al vangelo (la tua parola è lampada ai nostri passi) di oggi che può servire nel cammino di cambiamento. Dopo averci detto che solo chi ama (riconosce la verità della parola) osserverà i precetti (si fiderà e cambierò vita) Gesù ci manderà lo spirito (con il Padre e lo Spirito Gesù prenderà dimora dentro di noi - ecco con chi avviene il nostro dialogo interiore).
Allora poniamoci la domanda nel titolo: perché è necessaria l’azione di un secondo Paraclito, forse che Gesù non ha detto già tutte le verità che il Padre gli aveva affidato?
Questa
risposta di Cristo a una domanda inespressa è di grande portata per
un corretto cammino apostolico ed ecclesiale: sì, il Figlio ha
svelato ai suoi discepoli tutte le verità che essi dovevano
conoscere per vivere nella libertà ed entrare nella Vita, ma le ha
dette in forma concentrata, in modo tale che la Chiesa potrà
attingervi in ogni secolo nuovi insegnamenti per le sfide sempre
nuove della storia.
Ma non potrà farlo da sola.
La parola di Cristo
possiede profondità che solo lo Spirito può rendere accessibili
alla nostra debolezza. La Chiesa, come pure il discepolo, dinanzi
alla parola di Cristo non è in grado di immergersi nella Sapienza,
senza un Maestro invisibile che parla “dentro”.
L’insegnamento
interiore dello Spirito non differisce dall’insegnamento di Cristo,
ma ne è un necessario completamento, perché il ministero
pubblico di Gesù, e le pagine evangeliche che ce ne danno notizia,
rimangono nella dimensione muta della “lettera”, se non vengono
vivificati dal soffio sapienziale dello Spirito.
Cristo vuole che
le parole da Lui pronunciate alle orecchie dei discepoli, siano
ripetute nel loro cuore dallo Spirito.
Solo questa divina
“ripetizione” le rende
vive,
profonde,
vivificatrici,
consolanti
come un balsamo di guarigione.
(Don Vincenzo Cuffaro)
figura tale da meritare il nome di Padre dei Carmelitani e delle Carmelitane.
Mi sembra un bel commento di presentazione degli scritti di san Giovanni della Croce.
Molto spesso quando parlo di Giovanni della Croce noto un’ombra di difficoltà apparire sul volto dell’interlocutore. Vi gioca, molto probabilmente, qualche voce o diceria che lo ha reso inaccessibile.
Corrisponde a verità oppure ci troviamo dinanzi al tipico caso di fraintendimento?
Per noi che viviamo la vita nello Spirito salendo il Monte Carmelo, Giovanni della Croce è la grande figura emblematica vicinissima alla Madre, Teresa di Gesù, anzi a lei complementare; figura tale da meritare il nome di Padre dei Carmelitani e delle Carmelitane.
Patrono dei poeti della Spagna Giovanni ci dona la sua esperienza di relazione con Dio in poesie che, nella loro apparente semplicità, celano una teologia ponderata e riflessa.
Con molta reticenza egli cedette alle insistenze di chi gli chiedeva il commento alle sue strofe, riteneva infatti che ciascuno dovesse leggerle, lasciarsene intridere per poi comprendere tutto il sottotraccia che risponde ad un unico desiderio: "en dios arse", cioè lasciarsi trasfigurare, mentre percorriamo la nostra storia terrena.
In quanti, anche fra noi carmelitani, sarebbero capaci di questo scavo?
Il nostro grazie perciò va a chi, trovandosi nella nostra stessa situazione, premette su Giovanni, facendogli dolce violenza, perché si spiegasse per noi.
Richiamo l’importanza dei prologhi alle sue opere e invito ad una loro lettura attenta, tenendo presente un filo che li unisce, l’un l’altro, percorrendoli: la Sacra Scrittura.
La Parola di Dio è la radice, è la pietra su cui tutto poggia.
Posto che venisse eliminata o sradicata, nulla resterebbe.
Giovanni così è certo di non procedere su di un sentiero evanescente, su vaghe sensazioni, ma sulle pietraie della storia del popolo di Dio che, partendo da Abramo fiorisce e trova il suo compimento in Gesù di Nazareth.
La mentalità di Giovanni, esperto di Teologia e di Scrittura, è rigorosa e ferma, non concede nulla alle divagazioni: l’unica Parola pronunciata dal Padre è Gesù e in Lui noi abbiamo tutto.
La Scrittura ci viene posta sul cuore e in mano perché diventi per noi pane di vita, come lo è il Pane eucaristico.
Qui, la fonte,
qui la certezza.
Giovanni non affermerà nulla che già non vi sia contenuto e non vuole discostarsene neppure per un millimetro; se il lettore dovesse avvertire qualche contraddizione, questa va imputata a Giovanni, pronto a ritrattarla per aderire pienamente all’insegnamento della Chiesa.
I prologhi schiudono anche un’altra ricchezza, spesso dimenticata o su cui si sorvola. E’ necessaria l’avvertenza e una certa pazienza nello sostare sui testi per percepirla e porla in evidenza. Scopertala diventa un tesoro cui è possibile sempre attingere.
Giovanni ci dona una lettura spirituale della Parola di Dio che assume i contorni di precise indicazioni per raggiungere lo scopo per il quale siamo stati creati: unirci a Dio.
Si possono percorrere perciò le sue opere alla ricerca delle citazioni, per esempio, di un evangelista e, considerandole come delle tessere, ricomporre il mosaico di un Vangelo che diventerà come la carta di chi desidera ardentemente lasciarsi purificare e trasformare per unirsi al Padre Creatore.
Chi si immerge in queste strofe poetiche e nel loro commento,
avvertirà scaturire in sé una spinta a percorrere le Notti,
perché comprenderà che queste sono forse l’unico caso
in cui la notte risplende di luce viva.
Sarà disposto a “passare” e a lasciarsi trapassare,
perché così sarà condotto alla beatitudine del Cantico
e al crepitio della Fiamma Viva.
C. Dobner
Il Castello dell'anima, 15.12.06
Molto spesso quando parlo di Giovanni della Croce noto un’ombra di difficoltà apparire sul volto dell’interlocutore. Vi gioca, molto probabilmente, qualche voce o diceria che lo ha reso inaccessibile.
Corrisponde a verità oppure ci troviamo dinanzi al tipico caso di fraintendimento?
Per noi che viviamo la vita nello Spirito salendo il Monte Carmelo, Giovanni della Croce è la grande figura emblematica vicinissima alla Madre, Teresa di Gesù, anzi a lei complementare; figura tale da meritare il nome di Padre dei Carmelitani e delle Carmelitane.
Patrono dei poeti della Spagna Giovanni ci dona la sua esperienza di relazione con Dio in poesie che, nella loro apparente semplicità, celano una teologia ponderata e riflessa.
Con molta reticenza egli cedette alle insistenze di chi gli chiedeva il commento alle sue strofe, riteneva infatti che ciascuno dovesse leggerle, lasciarsene intridere per poi comprendere tutto il sottotraccia che risponde ad un unico desiderio: "en dios arse", cioè lasciarsi trasfigurare, mentre percorriamo la nostra storia terrena.
In quanti, anche fra noi carmelitani, sarebbero capaci di questo scavo?
Il nostro grazie perciò va a chi, trovandosi nella nostra stessa situazione, premette su Giovanni, facendogli dolce violenza, perché si spiegasse per noi.
Richiamo l’importanza dei prologhi alle sue opere e invito ad una loro lettura attenta, tenendo presente un filo che li unisce, l’un l’altro, percorrendoli: la Sacra Scrittura.
La Parola di Dio è la radice, è la pietra su cui tutto poggia.
Posto che venisse eliminata o sradicata, nulla resterebbe.
Giovanni così è certo di non procedere su di un sentiero evanescente, su vaghe sensazioni, ma sulle pietraie della storia del popolo di Dio che, partendo da Abramo fiorisce e trova il suo compimento in Gesù di Nazareth.
La mentalità di Giovanni, esperto di Teologia e di Scrittura, è rigorosa e ferma, non concede nulla alle divagazioni: l’unica Parola pronunciata dal Padre è Gesù e in Lui noi abbiamo tutto.
La Scrittura ci viene posta sul cuore e in mano perché diventi per noi pane di vita, come lo è il Pane eucaristico.
Qui, la fonte,
qui la certezza.
Giovanni non affermerà nulla che già non vi sia contenuto e non vuole discostarsene neppure per un millimetro; se il lettore dovesse avvertire qualche contraddizione, questa va imputata a Giovanni, pronto a ritrattarla per aderire pienamente all’insegnamento della Chiesa.
I prologhi schiudono anche un’altra ricchezza, spesso dimenticata o su cui si sorvola. E’ necessaria l’avvertenza e una certa pazienza nello sostare sui testi per percepirla e porla in evidenza. Scopertala diventa un tesoro cui è possibile sempre attingere.
Giovanni ci dona una lettura spirituale della Parola di Dio che assume i contorni di precise indicazioni per raggiungere lo scopo per il quale siamo stati creati: unirci a Dio.
Si possono percorrere perciò le sue opere alla ricerca delle citazioni, per esempio, di un evangelista e, considerandole come delle tessere, ricomporre il mosaico di un Vangelo che diventerà come la carta di chi desidera ardentemente lasciarsi purificare e trasformare per unirsi al Padre Creatore.
Chi si immerge in queste strofe poetiche e nel loro commento,
avvertirà scaturire in sé una spinta a percorrere le Notti,
perché comprenderà che queste sono forse l’unico caso
in cui la notte risplende di luce viva.
Sarà disposto a “passare” e a lasciarsi trapassare,
perché così sarà condotto alla beatitudine del Cantico
e al crepitio della Fiamma Viva.
C. Dobner
Il Castello dell'anima, 15.12.06
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