sabato 11 gennaio 2014

non aver più bisogno di formazione alcuna, con le conseguenze tristi che sappiamo, d'una vita che s'è progressivamente allontanata dall'ideale, d'un innamoramento che s'è via via smarrito e d'una persona che ha iniziato da quel momento un lento declino verso l'insignificanza e l'apatia, la ripetitività e la noia.


Amedeo Cencini 
Il respiro della vita
La grazia della formazione permanente
Parte prima
RINNOVAMENTO INCOMPIUTO
CAPITOLO I
Nodi teorici e pratici
2.1. Prospettiva originaria della formazione

Secondo la mentalità dominante in un certo passato, la formazione è soprattutto quella iniziale, e va definita come quel periodo propedeutico che prepara la persona, sostanzialmente, a rendere definitiva la propria scelta e ad acquisire quella maturità, ma pure quei requisiti e strumenti che le consentiranno poi di affrontare con senso di competenza le situazioni della vita...

Questo tipo d'interpretazione della formazione è invalso per molto tempo, ed è probabilmente responsabile - anche se in maniera indiretta - di quei fenomeni d'inerzia e appiattimento, di pensionamento precoce e autosufficienza ecc. di religiosi/e o di presbiteri che dopo, rispettivamente, la professione perpetua o l'ordinazione hanno praticamente deciso di non aver più bisogno di formazione alcuna, con le conseguenze tristi che sappiamo, d'una vita che s'è progressivamente allontanata dall'ideale, d'un innamoramento che s'è via via smarrito e d'una persona che ha iniziato da quel momento un lento declino verso l'insignificanza e l'apatia, la ripetitività e la noia.

In realtà non c'è «nessun dubbio - rilevano Armand e Drancour - che, nella storia della formazione, il periodo nel quale l'istruzione è stata concentrata sulla giovinezza sarà considerato come paleo-culturale» . Così come non c'è alcun dubbio che la logica che sta dietro a quella interpretazione riduttiva dev'essere esattamente invertita: la prospettiva normale da cui osservare e programmare il cammino maturativo della persona è quella dell'arco intero della vita, perché è solo nel corso degli anni e nell'avvicendarsi delle «stagioni evolutive» che l'individuo può portare a termine, per quanto può, l'ideale che s'è prefisso. La formazione è di per sé permanente. E solo a partire da questa accezione nativamente ampia sarà poi possibile suddividere i tempi della formazione stessa in periodi, ognuno con le sue caratteristiche di vario genere e la sua incisività più o meno marcata. Ma è solo dal concetto di formazione permanente che si può far derivare o dedurre quello di formazione iniziale, non il contrario. La formazione permanente non è ciò che viene dopo la formazione iniziale, ma - per quanto paradossale possa sembrare - è ciò che la precede e rende possibile, è l'idea-madre o il grembo generatore che la custodisce e le dà identità.

venerdì 10 gennaio 2014

ci permettiamo dubitare che la formazione permanente sia sentita dai più come grazia...


Amedeo Cencini 
Il respiro della vita
La grazia della formazione permanente
Parte prima
RINNOVAMENTO INCOMPIUTO
CAPITOLO I
Nodi teorici e pratici
1. Se non è formazione permanente sarà frustrazione permanente...

C'è chi dice che la formazione permanente sia
un caso classico di rinnovamento incompiuto;
è infatti più invocata che attuata;
poco o solo approssimativamente teorizzata e non abbastanza organizzata in sistema logico e coerente;
giustificata più sul piano funzionale che su quello della profonda e normale evoluzione dell'essere credente e dell'essere consacrato;
concepita più in termini difensivi (nei confronti dell'odierno ritmo accelerato dei cambi di ruolo, di mentalità, di attese...) che non propositivi;
straordinaria più che ordinaria, e collocata, magari, negli anni delle grandi ricorrenze, come un premio alla fedeltà (o alla resistenza);
spezzettata in corsi vari di aggiornamento e specializzazione e non unificata né unificante il cammino quotidiano di vita;
e infine, voluta dai superiori molto più che dalla base, al punto - in certi casi d'esser più o meno imposta (dai primi) e mal digerita (dai secondi).
In definitiva, forse non siamo lontani dal vero se ci permettiamo dubitare che la formazione permanente sia sentita dai più come grazia...
... Il contrario della formazione non è semplicemente l'assenza d'un aiuto o la perdita d'una opportunità, infatti, ma il processo esattamente contrario, la deformazione.

giovedì 9 gennaio 2014

Purché sappiamo cogliere i... «mormorii dello Spirito», o riconoscere le strade che sta aprendo dinanzi a noi,


Amedeo Cencini 
Il respiro della vita
La grazia della formazione permanente
Parte prima
RINNOVAMENTO INCOMPIUTO
CAPITOLO I
Nodi teorici e pratici

La stagione che stiamo attualmente vivendo come Chiesa è chiamata nei modi più svariati, ma sostanzialmente convergenti, per dire il clima d'incertezza e discernimento, d'attesa e transizione, di cammino lungo un deserto che vede ancora piuttosto lontana la terra ove abitare.
C'è chi tutto questo lo legge come un fatto negativo e che induce a una certa sfiducia e depressione;
c'è chi invece vi sente soffiare dentro il vento nuovo dello Spirito che ci sta liberando da tante piccole o grandi schiavitù per fare nuove tutte le cose.

In ogni caso, questo è il tempo che ci è stato dato di vivere, tempo carico di sfide e promesse, e che può senz'altro diventare nelle nostre mani e per le nostre chiese vero e proprio kairos, tempo provvidenziale, di grazia e sapienza, di rinnovamento fin dalle radici del nostro essere credenti nel Dio della salvezza.
Purché sappiamo cogliere i... «mormorii dello Spirito»,
o riconoscere le strade che sta aprendo dinanzi a noi,
anche se ancora non così battute e frequentate,
e forse perfino incerte e un po' avventurose, secondo qualcuno .

mercoledì 8 gennaio 2014

abbracci tutta la vita e ogni vocazione, qualsiasi chiamato in ogni stagione della sua esistenza. Altrimenti il rinnovamento resterà una finzione, qualcosa di virtuale o incompiuto...


Amedeo Cencini 
Il respiro della vita
La grazia della formazione permanente
Parte prima
RINNOVAMENTO INCOMPIUTO

Non basta più, nell'epoca storica che stiamo vivendo, aggiornare i nostri metodi educativi; occorre aggiornare, semmai, l'idea stessa di formazione, sul piano non solo pedagogico, ma pure teologico, per renderla un fatto necessariamente costante, che accompagna in continuazione la vita del prete come del religioso/a. E, a partire da questo chiarimento, procedere verso una ricomprensione della stessa idea di sequela, che abbracci tutta la vita e ogni vocazione, qualsiasi chiamato in ogni stagione della sua esistenza. Altrimenti il rinnovamento resterà una finzione, qualcosa di virtuale o incompiuto...

In questa prima parte cercheremo proprio di definire questa nuova idea di formazione e di formazione permanente,
sul versante non solo della metodologia educativa,
ma pure del modello teologico, per coglierne il rapporto essenziale con la formazione iniziale,
e le condizioni che la rendono concretamente possibile,
a livello dell'individuo soprattutto, ma anche dei vari contesti vitali.
Infine si vedrà di stabilire pure i diversi e complementari livelli di responsabilità operativa, a partire dall'istituzione, a livello generale, per finire al singolo individuo,
primo responsabile della sua personale crescita.

martedì 7 gennaio 2014

Formazione permanente è lasciare che il ritmo della propria vita venga sempre più plasmato e cadenzato dal ritmo e dai tempi dell'anno liturgico.


No, perché formazione permanente è grazia, grazia che viene dall'alto, dono del Padre-Dio, educatore e formatore delle anime nostre, che ogni giorno provvede a plasmare in noi l'immagine del Figlio, in modi solo in parte a noi noti e da noi previsti, ovvero nella libertà dello Spirito.
L'abbiamo specificato nel sottotitolo: se da un lato la formazione permanente è fenomeno naturale e ordinario, componente e caratteristica essenziale del cammino evolutivo della vita presbiterale e religiosa, è anche e soprattutto azione di Dio, dunque dono, dunque grazia!
La trattazione è divisa in tre parti. 
Nella prima si cercherà essenzialmente di definire il concetto di formazione permanente, ponendo tale realtà in relazione con la stagione di rinnovamento che a vari livelli stiamo vivendo, e con quel cammino di rinnovamento che interessa in particolare la vita consacrata e l'identità presbiterale.
Nella seconda e terza parte si affronterà il problema strategico della formazione permanente, cioè il problema del rapporto con il tempo e del ritmo che lo stesso rapporto col tempo imprime alla vita. Nella seconda parte il tempo che scorre implacabile è visto come sfida per il vivente, che dovrà dunque imparare a vivere la sfida in modo costruttivo, come opportunità per crescere, lungo il ritmo dell'esistenza quotidiana, settimanale e mensile. Nella terza parte il tempo è visto come dono, dono che sottolinea la dimensione gratuita della formazione permanente, che s'articola lungo l'anno liturgico scandita dai misteri della vita del Signore Gesù.
Formazione permanente è lasciare che il ritmo della propria vita venga sempre più plasmato e cadenzato dal ritmo e dai tempi dell'anno liturgico.

lunedì 6 gennaio 2014

Il respiro è costante e regolare, silenzioso e appena percepibile, spontaneo e automatico, diurno e notturno, esprime la vita e ne accompagna e svela i fremiti. Così è la formazione permanente.


Introduzione

Il segno più visibile o percepibile della vita è il respiro. 
È l'alito vitale che viene da Dio, come ci ricorda la Genesi, e dà vita a ogni vivente. Anche l'esistenza tipicamente cristiana «inizia» con un respiro, il soffio dello Spirito Santo che invade a Pentecoste una carne umana e terrena, trasformandola.
Finché c'è respiro c'è vita, si dice. 
Il respiro è costante e regolare, silenzioso e appena percepibile, spontaneo e automatico, diurno e notturno, esprime la vita e ne accompagna e svela i fremiti.
Così è la formazione permanente. 
Qualcosa che segue la vita nel suo incedere, in ogni suo frammento di tempo. 
È il suo ritmo costante, ciò che la rende un continuo cammino di realizzazione d'un progetto, d'una forma che assume sempre più sembianze precise o d'un mistero che si svela progressivamente. 
Anche passando per momenti difficili e situazioni complicate. 
Il respiro, infatti, può anche esser affannoso e frenetico, svela la fatica e l'ansia di certi istanti del vivere, c'è il fiatone corto appena fatta una corsa, ma anche l'ansietà può creare problemi di respirazione.
Ecco perché abbiamo dato questo titolo, 
forse un po' singolare e certamente evocativo, 
a questa riflessione sulla formazione permanente: 
perché ne vogliamo subito sottolineare il carattere naturale, addirittura fisiologico, perché la vita di tutti, e in particolare di chi ha dedicato i suoi giorni e tutte le sue energie a una causa impegnativa e superiore alle forze umane, come presbitero e consacrato/a, 
ha necessariamente bisogno d'una attenzione costante alla sua crescita e a ciò che la può impedire
perché nessuno matura nel cuore e nella mente semplicemente perché da ragazzo diventa giovane e poi adulto e infine anziano; 
perché nessuno può pensare di consacrarsi all'Eterno se non attraverso un percorso di continua conversione nei giorni del suo pellegrinaggio terreno. 
Né, d'altro canto, 
nessuno può pensare di far consistere la formazione permanente in una serie di eventi estemporanei e straordinari, quasi fosse un'eccezione allo scorrere troppo normale dei giorni, o qualcosa che solo oggi, nel presente frenetico contesto socioculturale, è divenuto importante e necessario e che, tutto sommato, si riduce a un aggiornamento e diventa una fatica (o una scocciatura) in più

domenica 5 gennaio 2014

Solo una formazione come paradigma pasquale che mette in una relazione dinamica ognuno con il Cristo pasquale e con la comunità è una formazione destinata ad avere qualcosa da dire, oggi e domani.


Questo testo esce in un tempo in cui la postmodernità non è più un termine da salotti artistici e filosofici, ma un fatto che non si può più ignorare. Con il crollo delle torri di New York la modernità è stata scossa fin nelle sue fondamenta. 
E i percorsi del nostro pensiero cui per tanto tempo eravamo abituati tanto da non rendercene nemmeno più conto a un tratto non funzionano più, non ci portano lì dove vorremmo giungere. 
Si parlava da tempo della fase della transizione, del nuovo paradigma, del nuovo ordine del mondo e dunque anche di una nuova visione dell'uomo che stava emergendo a conclusione di una grande epoca. 
Il cristiano non condanna le epoche storiche, non sospetta i flussi della cultura, instaura verso di loro un atteggiamento positivo, anzi, forse come nessun altro può leggerli, comprenderli e illuminarli, con un approccio spirituale sapienziale che gli è proprio. 
Ma questo non vuol dire che non partecipa al dolore, alla sofferenza e al sangue versato nei momenti drammatici della storia. 
E adesso è certamente un momento della storia in cui le attese, almeno quelle della nostra civiltà, sono profondamente in crisi e sta emergendo una visione della storia, dell'uomo, del suo agire che ci spinge a esiliare dai nostri gusci ed esporci al momento crudo delle tensioni violente della storia. 
In questo contesto diventa ridicola una formazione portata a un'autosservazione psicologica, una formazione basata sull'osservazione degli stati d'animo, un continuo interrogarsi su come ci si sente, come si è percepiti, accettati, un continuo rimuginare sulla propria storia. 
Solo una formazione come paradigma pasquale che mette in una relazione dinamica ognuno con il Cristo pasquale e con la comunità è una formazione destinata ad avere qualcosa da dire, oggi e domani. 
Oggi si cerca una formazione che abiliti l'uomo a quella contemplazione, 
come direbbe Edith Stein, 
che matura fino all'amore in modo che si possa vedere persino il bene nel male.

Questo nuovo volume di padre Cencini ci viene incontro proprio in questo senso.