sabato 21 settembre 2013

è questa la coltura, ed è l’arte di tutta la vita: avvertire, conoscere, distinguere, trattenere il bene e respingere il male, al di là del punto in cui mi trovo.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

Ci  soffermeremo sulle prime  quattro regole che danno il linguaggio base della vita spirituale. (313, 314, 315, 316, 317).
Prima vediamo  il punto 313 che è il titolo ed è importante perché ci dice a che cosa servono  le regole che poi ci saranno  e quindi ci daranno il principio di applicazione.
Queste regole servono per avvertire e conoscere in qualche modo i vari movimenti che avvengono nell’anima.
Sono regole che servono per avvertire, il che vuol dire che i movimenti ci sono e noi spesso non li avvertiamo.
È importante prendere coscienza dei movimenti.
Noi agiamo secondo ciò che si muove dentro,
ma spesso neanche ci accorgiamo di cosa si muove e quindi agiamo in modo meccanico, non umano.

Quindi la prima cosa è “avvertire” ciò che avviene.
C’è spesso una grossa inavvertenza di ciò che avviene,
siamo giocati  dai sentimenti senza neanche avvertirli.
Poi serve non solo avvertirli ma anche “conoscerli”,
conoscerli vuol dire distinguere il bene e il male, 
perché in noi c’è un sentimento buono e un sentimento cattivo:
c’è lo Spirito del Signore  che ci costruisce, ci edifica a immagine del Figlio 
e c’è lo spirito opposto del nemico che ci distrugge, quindi non bisogna essere spontanei. 
Il male mi viene molto spontaneo.
Se l’uomo si distingue dall’animale è perché
avverte, conosce, distingue, sceglie, si educa, cresce,
è cultura, soprattutto cultura spirituale.
Sono cose molto dimenticate nella vita spirituale ma sono fondamentali.
Conoscere quindi i vari movimenti che avvengono nell’anima;
il principio del bene e del male non sta nelle cose,
le cose sono tutte buone,
il principio del bene e del male è nel cuore dell’uomo,
che vive le cose o con ordine, secondo la volontà di Dio, o con disordine.
Poi c’è il fine di queste regole, ed è da vendere a caro prezzo agli psicologi:
è per trattenere (i moti) buoni e respingere i cattivi. 
Spiego:
io non sono padrone di sentire o non sentire quel che sento, 
quel che sento lo sento,
però  posso avvertirlo o non avvertirlo, 
punto primo, (ed è bene avvertirlo);
secondo: posso non sapere se è bene o male (ed è bene sapere se è bene o male),
però lo sento lo stesso anche se è male.
Qual è la mia libertà?
Non è di sentire o no, ma di “acconsentire” o no.
 Questa è la soglia della mia libertà:
di accettare, trattenere o respingere.
Ciò che accolgo e trattengo, anche se è poco, cresce;
ciò che respingo, anche se è tanto, decresce e scompare.
È il principio della vita spirituale,
che è dato dall’avvertenza e dalla conoscenza del bene e del male e 
dall’acconsentire o dissentire:
è la soglia ultima di libertà che ho, 
distinguo il bene dal male,
sono portato al male ma posso dissentire,
ciò da cui dissento, ciò da cui mi dissocio, scompare.
È come se coltivate l’orto, non distinguete l’erbaccia 
dall’insalata e cominciate a innaffiare le erbacce e quelle crescono 
oppure a buttar via l’insalata e fate crescere quelle. Distinguete le 
une dalle altre, le erbacce sono tante, se ne toglie una alla volta e 
un po’ alla volta scompaiono.
Ed è questa la coltura, ed è l’arte di tutta la vita:
avvertire, conoscere, distinguere, trattenere il bene e respingere il male,
al di là del punto in cui mi trovo. 

venerdì 20 settembre 2013

non ci sarebbe nulla di male se non ci fosse stato il peccato e il disordine, invece proprio in questo tutto si può creare il disordine

Dopo aver posto le basi padre Silvano si inoltra nelle regole per il discernimento.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

Le regole del discernimento

Le regole del discernimento riguardano  la descrizione del linguaggio base dello spirito, dei moti che avvengono nell’anima, in modo da  sapere cosa avviene e  saperlo decifrare. Ed è estremamente importante riconoscere  cosa avviene  perché appunto ogni cammino spirituale  presuppone  la conoscenza di  ciò che avviene interiormente, il cuore dell’uomo è  veramente  un guazzabuglio dove c’è tutto. A livello spontaneo l’uomo è la sintesi di tutto, il creato e l’increato,  quindi  non manca nulla e non ci sarebbe nulla di male se non ci fosse stato il peccato e il disordine, invece proprio in questo tutto si può  creare il disordine. E allora saper leggere se questo “tutto” che siamo e abbiamo a tutti i livelli, lo viviamo secondo lo Spirito di Dio o lo spirito contrario, è l’unico 
problema serio.

giovedì 19 settembre 2013

Il principio della vita spirituale è non far la pace col male ed è l’unico modo poi di vivere in pace. Perché il male ti fa male, ti toglie la pace.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

L’esame particolare

L’esame particolare comprende tre tempi e due esami.
_ Il primo tempo consiste nel fatto che la mattina appena alzato mi propongo di guardarmi con impegno da quel determinato peccato o difetto che voglio correggere o evitare. Io ho già determinato un peccato o un difetto.
Quale difetto?
Evidentemente sono infiniti i difetti o i peccati, devo prendere di mira quello che mi accorgo che
più mi impedisce di camminare in quel momento, oppure quello che so che in quella situazione può impedirmi di fare ciò che dovrei fare. Supponi che vado a una riunione pastorale e so che c’è lì una testa che non capisce niente e che interviene e io lo sbranerei, ecco allora oggi che ho la riunione pastorale terrò presente questa cosa. Comunque ciò che è importante riguardo il peccato o i difetti è che sono determinati, cioè non devo sparare nel mucchio ma devo determinarne uno, non di più. Non si possono inseguire due lepri. Quello è da correggere o da emendare.
Il principio della vita spirituale è non far la pace col male ed è l’unico modo poi di vivere in pace. Perché il male ti fa male, ti toglie la pace.
_ E poi cosa faccio? Dopo pranzo, nel secondo tempo, (una volta pranzavano alle dieci del mattino, adesso  si fa prima di pranzo), chiedo a Dio nostro Signore ciò che voglio, cioè la grazia di ricordarmi quante volte sono caduto in quel determinato difetto e peccato. Quindi il prender coscienza, “il prendere coscienza di spalle”, cioè dopo che è avvenuto, però siccome te lo sei ricordato prima e te lo richiami dopo, un po’ alla volta ti accorgi che cominci a ricordartelo mentre ci cadi.  Un  po’ alla volta  cominci a ricordarti prima di cadere che quello è male e non ne vale proprio la pena. In quel momento è già vinto.
Quindi è questa coscienza che prendi dopo fino a quando non diventa concomitante, fino a quando  non  diventa precedente l’atto stesso. E lo fai senza fatica perché se prendi coscienza che è male, il male lo fai sempre perché lo ritieni bene, almeno in quel momento. Poi ti accorgi che non lo era, allora cominci a prendere la coscienza conseguente. Un po’ alla volta cominci ad averla concomitante e precedente. Se io so che è male arrabbiarmi e mi sto per arrabbiare, in quel momento mi metto anche a ridere, pensando a quanto è buffo e come poi mi dispiace di averlo fatto, so che mi accorgo sempre dopo.
_ Quindi quest’esame di coscienza punta su questi tre momenti, uno è al mattino, prima della giornata, uno a mezza giornata durante l’esame di coscienza, in cui vedo quante volte.., e uno la sera, il terzo tempo, in cui mi chiedo conto; col passar del tempo questa presa di coscienza, che viene a posteriore, diventa una presa di coscienza virtuale. Già al mattino determinandomi di vigilare su quel punto, la mia coscienza diventa vigile  e allora sto attento, per cui comincio anche ad avere un campo di coscienza diverso. Cioè  inizio a esercitare la vigilanza, è come uno che sta sveglio di notte perché fa la sentinella e dice: di là c’è il nemico, e allora sta lì attento, intanto sente anche tutti gli altri rumori della notte perché comincia a vigilare, quindi cominci a darti una coscienza vigile anche su tutto il resto. Cominci a essere un uomo che vive di coscienza, che non è più incosciente di ciò che fa. Pur vigilando su un punto e pur stando sempre magari sconfitto su quel punto. E comunque, prescindendo dal risultato che puoi ottenere su quel punto, cosa capita con questo? Che il male che fai non è più il luogo dell’abbattimento quando ne prendi coscienza, ma è il luogo dell’incontro col perdono di Dio. Quindi il tuo stesso male, il tuo stesso peccato diventa luogo
di progresso ed incontro con Dio, non invece di chiusura o di abbattimento o di autogiustificazione. Prescindendo dai risultati, se quel peccato lo togli o no. Quindi stranamente il mio male, che non
è più né rimosso né represso, ma di cui prendo coscienza come male, diventa il mio luogo privilegiato di comunione con Dio. Diventa il luogo del perdono. Il male diventa il luogo principale del cammino spirituale. E d’altronde è proprio lì che cammino. Diventa il luogo di solidarietà con Dio, capisco che il Signore è morto per me.

E più continuo in questa pratica di presa di coscienza del male, più mi trovo simile a tutti gli altri, con tutti i peccati, con tutti i vizi capitali, la superbia, accidia, lussuria, invidia, ira, ecc. mi sento
sempre più solidale con tutti gli altri, più uguale a tutti gli altri, sempre più uomo. Quindi sempre più humus, sempre più umile, sempre più vero, però non sfiduciato perché proprio questo male è
il luogo della salvezza. E poi vi accorgerete proprio che progressivamente quegli aspetti negativi che avete preso di mira anche scompaiono perché appunto il male lo fai credendo che sia bene, almeno in quel momento. Quando progressivamente prendi coscienza del male come male e te ne dissoci, ne vieni progressivamente liberato. Ora questo lo dobbiamo fare non per cercare di essere perfetti, in senso negativo, ma semplicemente proprio per essere ciò che siamo, cioè figli di Dio, ed eliminare quel male che fa male a noi e soprattutto agli altri. Infatti per noi preti soprattutto è utile prendere di mira quegli aspetti negativi che possono nuocere nel ministero, quindi posso fare realmente del male agli altri; la nostra durezza, le nostre impennate ecco, possono nuocere moltissimo, e allora non devo dire  “son fatto così”, non è vero, siamo tutti fatti uguali, con tutti i vizi capitali e anche il contrario di quelli se ci sono.
   I tre tempi sono chiari: il primo tempo è al mattino in cui sveglio la coscienza e la accendo in fondo perché si è abituali in ogni azione, poi prendo coscienza nel dopo pranzo e così la sera.
E poi Ignazio mette quattro addizioni che possono aiutare.
_ La prima è che quando la persona cade in quel determinato peccato o difetto, ponga la mano sul petto dispiacendosi di essere caduta, ciò lo può fare anche in presenza di molti senza che se ne accorgano, cioè cominciare a prendere coscienza del fatto mentre lo fai, più o meno. Ed è interessante anche la partecipazione del corpo, non è banale, è un accorgimento psicologico
molto fine.
_ Dopo dà  anche  il suggerimento di segnarli.  Sant’Ignazio in questo è una persona veramente metodica. Nel testo originale ci sono righe più lunghe all’inizio e più corte alla fine, perché si suppone che dopo una settimana sia diminuito.  È quasi una sfida grafica con se stessi,  ed
effettivamente è anche vero.
  Direi che questo semplice strumento è lo strumento unico che abbiamo di ascesi, è estremamente liberante, ed è da insegnare a tutti perché ognuno deve lavorare su di sé. Nessuno deve dire “son fatto così” e abbandonarsi a ciò che è di istinto, ma ognuno deve porsi al suo punto di partenza e togliere il  negativo perché così gli altri possono vivere con lui e perché lui stesso possa vivere da figlio di Dio.
Questo aspetto dell’ascesi è quasi passato in secondo ordine anche nella vita spirituale, invece è importante se no non c’è progresso, c’è solo autogiustificazione.  Una vita spirituale di preghiera che non arriva ad incidere su una vita concreta è una menzogna, è un pio solletico dell’anima a se stessi, ma la vita non cambia. E invece no, deve incidere nella vita e questa è una forma di preghiera, è la prima forma di preghiera da insegnare, ed è una preghiera che impegna la vita come gli esercizi spirituali. Non sono una pia elevazione dell’anima ma sono un compiere la volontà di Dio nella vita concreta. E la volontà di Dio è che io non faccia il male perché mi fa male. È che io viva nella coscienza del male come luogo d’incontro con Dio che perdona e come luogo di solidarietà coi
fratelli che sono come me; e quindi il male stesso di cui la mia vita è impastata e che mi fa problema, diventa il luogo stesso della salvezza , non il luogo della sconfitta o dell’autogiustificazione.
Questo basta per riprendere in mano questo strumento che, ritengo, non c’è n’è uno più importante, è l’unico strumento serio di cambiamento che abbiamo ed è molto elementare.

mercoledì 18 settembre 2013

normalmente il nostro atteggiamento davanti al negativo è o di repressione o di rimozione. Lo riteniamo inevitabile in fondo. E non riusciamo a cambiare.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

L’esame particolare

  Noi spesso tentiamo prima con la repressione e non riuscendoci cosa facciamo?
Usiamo il metodo contrario: la rimozione, dicendo che non è poi tanto male.
“Sì ho ucciso la zia però in fondo se lo meritava sì l’ho strozzata ma l’ho fatto dopo molto tempo e nel modo più gentile possibile e con bontà.”
Cerchiamo di rimuovere il male dicendo: non è poi tanto male...
Cioè ci si autogiustifica.
Se voi notate normalmente il nostro atteggiamento davanti al negativo
è o di repressione o di rimozione.
Lo riteniamo inevitabile in fondo.
E non riusciamo a cambiare.

Ora, il metodo dell’esame particolare è molto diverso,
né repressione né rimozione,
il male è male mettendolo in coscienza come male.
È un metodo di “coscientizzazione” del male come male,
e di “dissociazione” dal male.
Cioè  il male  ce l’ho e non lo voglio.
Il minimo di libertà che ho non è quella di fare il male o non farlo, tante volte non ce l’ho;
perché mi esce naturale, soprattutto al livello di sentimento, prima che io lo controlli,
anche se lo controllo ce l’ho lo stesso.
Posso sempre, e questa è la mia libertà, dire:
non lo vorrei, perché è male.
E l’esame di coscienza particolare è tutto centrato su questo:
“non lo vorrei perché è male”,
e questa coscienza del male come male,
dissociandosi dal male ti porta a non farlo progressivamente.
È l’unica via di cambiamento.


martedì 17 settembre 2013

Però mi accorgo che questa repressione non toglie il male. Ci è stata utile perché così modero la mia azione. Può modificare l’azione solo momentaneamente.


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

L’esame particolare

Adesso vediamo come si fa l’esame particolare, cosa riguarda e che frutti ha.
L’esame particolare, innanzitutto, serve a togliere il male, non ad acquisire il bene.
Il vero problema per noi è togliere il male, il bene c’è già, siamo figli di Dio.
La salvezza c’è già, Dio ci ha amato e ha dato se stesso per noi.
Come togliere il male?
Questo già sbarazza il campo del tutto a  una negatività sull’ascesi che ci rende tristi.

L’ascesi
ti rende contento
perché ti toglie per esempio i pensieri tristi.
Ti rende libero
perché ti toglie le tue schiavitù.

Quindi rispetto a tutta l’ascesi che lega e imprigiona
quest’ascesi diventa invece la vera liberazione dell’uomo e va insegnata.
E negli esercizi si dice che questo esame particolare va insegnato anche alle persone incolte e rozze spiritualmente, lo dice il numero 18 e  al numero 19 dice:
"A chi è raffinato e colto lo si insegna lo stesso".
E Ignazio lo fece fino al giorno in cui è morto.
Ed è la prima cosa che noi gesuiti abbandoniamo dopo il noviziato, anche perché forse se ne capisce
l’utilità dopo, quando ormai forse non si ha più tanta voglia.
Noi, davanti al male,
(ed è questo il presupposto teorico nell’esame particolare),
siccome il male vogliamo evitarlo, usiamo vari modi.
Il modo normale è quello di reprimerlo, ed è anche giusto,
viva la repressione quando ci vuole,
se si ha voglia di uccidere uno e di mangiarlo è bene non farlo,
e se lo faccio è bene che senta il senso di colpa.
Quindi ci vuole anche la repressione.
Però mi accorgo che questa repressione non toglie il male.
Ci è stata utile perché così modero la mia azione. Può modificare l’azione solo momentaneamente. Cioè se io sono irascibile posso contenere la mia rabbia per novantanove volte ma non auguro a uno di capitarmi lì la centesima volta. Cioè il male represso cresce. Quindi con la repressione non togli le radici del male, anche se ha una sua funzione educativa, cioè comincio a rispettare gli altri e fa sempre bene, però non toglie le radici del male.

lunedì 16 settembre 2013

Più ne togli più sei libero, e meno sei nevrotico. Sotto c’è il presupposto fondamentale che l’uomo è figlio di Dio, devi togliere le cose negative e viene fuori il figlio di Dio ed è questa la vera ascesi alla quale siamo tutti chiamati


Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

L’esame particolare

Noi siamo abituati a dire:  “son fatto così, quindi non posso farci niente”
Questo dire:  "son fatto così, quindi non posso farci niente" è una grossa trappola. Non è vero che l’uomo è fatto così.
L’uomo di sua natura è ciò che diventa, è ciò che si fa.
L’uomo non è solo natura o istinto, è anche cultura, è educazione.
Il problema allora è: come si fa a diventare buoni.
Tutto il problema dell’ascesi che abbiamo lasciato da parte,
oggi in modo particolare, forse anche per motivi giusti,
(perché c’è tutta una forma di ascesi sbagliata oppure meno adeguata),
consiste per esempio nell’acquistare sempre più virtù.
L’ascesi a cosa serve?
Cerco sempre di esser più bravo.
Alla fine se tutto va bene divento un bravo fariseo e scoppio di bravura e mi servo del mio esser bravo per condannare gli altri, per giudicarli e criticarli.
Quindi quest’ascesi giustamente l’abbiamo abbandonata.
E se ti riesce, nella migliore delle ipotesi,
quest’ascesi ti rende nevrotico perché c’è sempre qualcosa  di più da fare.
Sei sempre più perfettibile anche se sei perfettino.
C’è invece un’altra ascesi ed è questa l’ascesi che propone Ignazio
ed è l’ascesi cristiana che è un’ascesi negativa,
cioè ti toglie ciò che è negativo.
Più ne togli più sei libero, e meno sei nevrotico.
Sotto c’è il presupposto fondamentale che l’uomo è figlio di Dio,
devi togliere le cose negative e viene fuori il figlio di Dio ed
è questa la vera ascesi alla quale siamo tutti chiamati.
L’educazione vuol dire tirar fuori, educere,
dobbiamo tirar fuori in noi il figlio di Dio che c’è dentro,
togliendo tutti quei veli che lo impediscono.
Michelangelo diceva che la statua è già dentro il blocco di marmo,
bisogna levare quel che c’è di più.
Così in noi c’è già il figlio di Dio, siamo fatti a sua immagine e somiglianza,
bisogna levare quel che c’è di più, cioè tutto il male.
Quindi quest’ascesi negativa è l’impegno di tutta la vita.
E va fatta ed è indispensabile perché sta in noi ciò che siamo, figli di Dio.
Più la pratichiamo più ne usciamo  genuini, più diventiamo uomini,
non è che ci castriamo o diventiamo chissà chi,
diventiamo ciò che siamo.
E questa seconda ascesi la si è dimenticata
e l’esame particolare è lo strumento principe per questa ascesi.
Perché il male comincio a riscontrarlo abbastanza presto nella mia vita;
da piccolo penso che cambierò,
allora aspetto che passi il tempo,
poi vedo che mi devo impegnare,
e comincio a impegnarmi
ma mi accorgo che il male è tanto e come faccio a eliminarlo tutto.
Allora mi scoraggio e rimane tutto come prima.
È come uno che spara a uno stormo,
non puoi sparare a tutto uno stormo.
Devi mirare un punto.

domenica 15 settembre 2013

proprio l’esame particolare è il disporre concretamente la propria vita secondo la volontà di Dio.

Esercizi Spirituali Ignaziani
p. Silvano Fausti

L’esame particolare

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Vorrei  spiegare qualcosa di molto inattuale,
anche per noi gesuiti: l’esame particolare.
Di per sé l’esame particolare è il centro della vita spirituale,
lo stesso esame  di cui abbiamo già parlato,
serve per arrivare a questo esame particolare.
Il centro della vita spirituale è in fondo come uscire dal male.
È l’unico problema reale,
perché il male c’è, bisogna capire come uscirne quindi.
“Senza fare del male” è la trappola mortale,
dicendo “è inevitabile, sono fatto così…”;
“senza fare del male” è il luogo dell’autogiustificazione,
non si può far diversamente.
L’esame particolare costituisce il centro stesso degli esercizi spirituali,
difatti per sant’Ignazio ogni esercizio spirituale nel numero primo degli esercizi
è “qualunque modo di esaminare la coscienza e di pregare”,
e poi specifica: “ogni esercizio spirituale deve essere inteso a preparare e disporre l’anima a rimuovere  ogni affetto disordinato, e dopo averlo rimosso cercare di trovare la volontà di
Dio nella disposizione concreta della propria vita”.
E proprio l’esame particolare è il disporre concretamente la propria vita secondo la volontà di Dio. Lo stesso titolo degli esercizi numero 21 è:
“esercizi spirituali per vincere se stessi e ordinare la
propria vita senza lasciarsi determinare da alcun affetto disordinato”.
Questo è il senso dell’esame particolare che ora cerchiamo di vedere nei suoi presupposti, e poi vediamo come si fa a farlo.