sabato 24 agosto 2013

San Callisto e sant’Ignazio Xantopuloi osservano che “coloro che vogliono camminare senza ricevere consigli seminano nella fatica e nel sudore e spesso non fanno altro che sognare”.


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

14. Il colloquio spirituale ci fa edificare,
costruire le colonne portanti,
soprattutto sullo sfondo dei momenti di più grande prova nella nostra vita,
perché il seme, per crescere veramente, deve morire.
“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).
Ogni morte è preceduta da tante sofferenze,
ma ciò non significa che la sofferenza vada cercata o provocata volontariamente.
Ma quando si presenta, quando bussa sulla porta,
va accolta e abbracciata. 
Le colonne spirituali quindi nascono dalle tribolazioni, dalle prove,
perché le sofferenze e le prove hanno già dimostrato che il seme è già morto ed è già nato qualcosa di nuovo, la vita nuova:
la colonna spirituale è già vita, frutto eterno della morte.
E’ ovvio che nel momento della morte si soffre,
ma la fede nel Dio vivo,
che vince la morte, mi basta.
La mia morte non la posso capire,
la vita di dopo mi farà capire l’effetto della morte,
perciò le colonne spirituali sono già la vita
dopo la morte di qualche cosa di noi.
Quindi, quando una persona sta nella prova,
non cerca in primo luogo di capire i significati chiari di che cosa sta succedendo nel momento della morte del seme,
ma approfondisce la fede che dà la chiara certezza che
questa è la strada
e, a sua volta, quando i tempi saranno maturi,
la luce di Cristo illuminerà anche le ombre.  
Ognuno di noi ha bisogno di essere aiutato in questo cammino.
“Non vi è nulla di più miserevole e di più vulnerabile di coloro che non hanno una guida e cadono come le foglie…
I rischi di smarrimento e di caduta, infatti, sono tanto più grandi quanto più si progredisce. 
Le trappole tese dai demoni sono tanto più numerose e più sottili quanto più l’uomo avanza e si avvicina al termine”.
Non è difficile incontrare persone che hanno già fatto un bel tratto di strada
e, quando si sono trovate nella forte prova,
sono tornate indietro,
perché si sono trovate disarmate,
impreparate alla lotta,
oppure si sono trovate senza un valido aiuto della guida.
San Callisto e sant’Ignazio Xantopuloi osservano che
“coloro che vogliono camminare senza ricevere consigli seminano nella fatica e nel sudore e spesso non fanno altro che sognare”.
 Per questo un ripetuto consiglio dei Padri è:
“Se  non hai un maestro, devi cercartene uno a ogni costo”. 

venerdì 23 agosto 2013

Se invece le cose vengono vissute solo in modo umano e interpretate soltanto a partire da noi, è impossibile arrivare ad una lettura spirituale.


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…:

13. Il colloquio spirituale ci fa trasformare l’esperienza personale
in esperienza spirituale sotto lo sguardo di Dio,
chiedendosi che cosa vede Dio nella nostra concreta esperienza.
Solo con questa domanda, riflessione e preghiera
si può arrivare alla vera esperienza religiosa, spirituale.
Se invece le cose vengono
vissute solo in modo umano e
interpretate soltanto a partire da noi,
è impossibile arrivare ad una lettura spirituale.
La nostra vita non va guardata solo con i nostri occhi,
perché la semplice lettura psicologica dei fatti ancora non mi potrà salvare.
Questo richiede a noi di fare il passo
dall’esperienza soggettiva all’esperienza spirituale,
superando solo uno sguardo puramente umano su di essa.
Cristo è l’uomo perfetto,
tutto quello che c’è di pienamente umano è già contenuto in Lui e
l’umano trova la sua verità in Lui.  

giovedì 22 agosto 2013

Anche nei momenti di grande dolore, con la grazia di Dio, possiamo già vedere come tutto è collegato in Lui, e pure lo smarrimento, la disperazione si possono trasformare, perché la grazia contemplativa, lo sguardo su Dio, porta il frutto di Dio, prima o poi.


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 
  
12. Il colloquio spirituale ci introduce ad una capacità contemplativa,
alla visione di Cristo in tutte le cose,
perché tutto porta incise le sue tracce, sia per la creazione
– per mezzo di Cristo tutto è stato creato –,
sia per la redenzione –
Cristo ha già assunto su di sé tutto il male del mondo.
Quindi niente è escluso da Lui;
solo da ciechi vediamo ancora tutta la realtà divisa, separata e rotta,
ma in verità Cristo ha già unito tutto con il suo immenso amore.
Anche nei momenti di grande dolore, con la grazia di Dio, possiamo già vedere come tutto è collegato in Lui, e pure lo smarrimento, la disperazione si possono trasformare, perché la grazia contemplativa, lo sguardo su Dio, porta il frutto di Dio, prima o poi.  
Siamo di nuovo lì al punto più importante dei colloqui spirituali, cioè la nostra salvezza.  

mercoledì 21 agosto 2013

E’ Gesù crocifisso che ci “farà capire la croce, e non la croce che ci farà capire Dio: al contrario la croce ci svela l’aspetto più incomprensibile di Dio.


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

11. Il colloquio spirituale conduce alla cristoformità,
per la quale non abbiamo bisogno di tanti libri di teologia o di spiritualità,
ma di persone che, con la loro testimonianza,
trasmettono la vita vissuta in Cristo, per Cristo e con Cristo
e che indicano la strada verso il Padre.
Proprio perché queste hanno vissuto come Cristo,
inevitabilmente fanno vedere che la via personale passa per la via crucis,
che include la logica pasquale,
senza la quale non si potrebbe mai arrivare alla cristoformità.
Quando nasce un bambino, Se invece le cose vengono
vissute solo in modo umano e
interpretate soltanto a partire da noi,
è impossibile arrivare ad una lettura spirituale.
spesso i parenti dicono che ha gli occhi del papà, la bocca della nonna, le dita della mamma, ed
è naturale cercare le somiglianze.
E la somiglianza con Cristo che cosa significa?
La cristoformità richiede la visione integra di Cristo,
altrimenti è facile vedere in Cristo un’immagine ridotta a certi fatti,
identificarlo con un taumaturgo, escludendo la via pasquale.
Una visione parziale di Cristo permette all’uomo
di prendere solo quelle parti che piacciono, che lo attirano.
Non è impossibile allora trovare in Cristo solo alcune cose che piacciono anche ai sensi:
Egli ha mangiato, ha visitato le persone, ha camminato, ha parlato, viaggiava sulla barca...
Siccome Cristo ha realizzato tutto ciò che ha insegnato, ci vuole necessariamente una visione totale e integra della sua Persona che ha offerto la vita per tutti ed è risuscitato il terzo giorno.
La cristoformità include tutto ciò che Lui ha insegnato e vissuto, anche il Getsemani, la croce e la morte.
Bisogna però dire che Cristo non ha sofferto per soffrire, ma ha sofferto per rivelare l’amore divino, che non avrà mai fine.
L’amore divino ha sempre infatti due aspetti:
uno svela il lato tragico dell’amore, il sacrificio,
l’altro il compimento dell’amore sacrificale come gioia di questo sacrificio.
E ogni amore maturo ha sempre queste due dimensioni.
Senza la consolazione, la beatitudine, il sacrificio da solo,
rischia di essere masochismo, e senza il sacrificio qualcosa di immaturo e di superficiale.
Il problema che si pone è proprio
come far entrare nella nostra vita la sofferenza,
che a tutti i costi l’uomo vorrebbe eliminare.
P. Molinié però fa vedere tutta un’altra visione della sofferenza dicendo che
“non è la sofferenza che rende difficile la vita cristiana.
La sofferenza è dolorosa (per definizione), ma non è pericolosa.
Dio non la manda, per metterci in pericolo,
ma per salvarci dal pericolo”,
per allontanarci dai falsi dei e dalle false ricerche di salvezza,
che spesso però passano attraverso grandi dolori.
Del dolore si intendeva molto bene
lo scrittore russo Dostoevskij, grande artista,
che è stato molti anni anche in prigione.
Per lui: “la sofferenza è una buona cosa…
tramite essa tutto è espiato!”
La sofferenza, vissuta in questo modo,
fa scoprire i significati immensi della sapienza di vita.
“Tutto ciò che viene sofferto nel buio, perché si ama,
nell’altro mondo non è il buio ma la luce,
allora il carbone nero con cui si disegna l’amore sulla terra,
soffrendo e morendo diventa il colore della carità cioè il colore della luce”.
Siamo chiamati però a lasciarci ispirare e a contemplare la sofferenza di Cristo Salvatore. Edith Stein ci richiama: “Se desideri raggiungere Cristo, non lo cercare mai senza la sua croce… il mistero della croce può capirlo solo chi è crocifisso…
Noi siamo chiamati a patire con Cristo per collaborare alla sua opera di redenzione…
Cristo continua a vivere in noi e soffre in noi.
Così la nostra sofferenza è feconda.”
E’ Gesù crocifisso che ci “farà capire la croce,
e non la croce che ci farà capire Dio:
al contrario la croce ci svela l’aspetto più incomprensibile di Dio.”
 L’uomo vecchio deve morire per arrivare all’assimilazione  a Cristo
e anche alla capacità di poterlo seguire nella sobrietà e non secondo modelli romantici.
Gesù stesso ci dice: “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me” (Mt 10,38) e “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20).
Queste parole ci fanno vedere e credere che
“la sofferenza è una grande forza,
perché santifica non soltanto gli innocenti,
ma anche coloro che hanno peccato, che hanno sbagliato indirizzo di vita,
ma che lo sanno ammettere”,
perché Cristo è morto per tutti.
Allora la “sequela Christi” ci apre le immense dimensioni della cristoformità,
ma tutte hanno in comune l’invito ad offrire le sofferenze e i dolori per qualcuno.
Nei colloqui spirituali è molto importante aiutare le persone in questo accompagnamento,
affinché non si chiudano nella sofferenza,
ma rimangono nell’apertura della relazione,
perché mettere nella relazione ciò che si sta offrendo
significa dare al dolore un significato relazionale.
Per questo è necessario nella via della cristoformità scoprire la pedagogia, la teologia della Croce.
 Il Cardinal Špidlìk dice che proprio “nell’atteggiamento verso Cristo sofferente si riflette la maturità della vita spirituale”.

martedì 20 agosto 2013

Sentiamo Cristo che ci ricorda: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5) e san Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza” (Fil 4,13).


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

10. Il colloquio spirituale porta sempre di più
alla vera conoscenza di Dio,
di se stessi e del mondo
perché ci fa seguire
il cammino della purificazione dalla falsa immagine
di Dio, di me e di noi, delle relazioni, dell’amore.
Ammettendo sempre di più
chi è Dio nella sua verità nei nostri confronti, quale Padre che ci ama,
allora si riscopre la vera figliolanza e
si approfondisce la consapevolezza che tutto è grazia di Dio.
Sentiamo Cristo che ci ricorda: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5)
e san Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). 
Il cammino della vera conoscenza di Dio, di me e del mondo non arriva mai velocemente e deve includere la grazia della rivelazione stessa di Dio all’uomo.
Dio cerca nella persona la possibilità di rivelarsi, di rivelare il suo Volto.
Nello stesso momento, anche la persona comincia a sentire la necessità di aprirsi sempre di più, di rivelarsi a Dio e anche agli altri nella sua autenticità;
quindi, lentamente
riesce anche a far cadere
il mantello delle false protezioni e
le maschere dei giochi cominciano a sciogliersi.
A proposito di questo,
Rosmini si esprime in questi termini:
“l’essere tentato dai mali, e quasi oppresso,
abbassa l’altezza del nostro pensiero, e
ci costringe, quasi involontariamente,  a riconoscere ciò che siamo, senz’alcuna illusione.
E il senso di tanta nostra miseria viene reso dalla grazia il veicolo
che ci conduce alla cognizione di Dio.
Poiché non trovando in noi altro che miseria, e
non altro in questo mondo che tribolazione, il nostro cuore,
che non può starsi senza un bene ed un amore,
si rivolge finalmente a Dio,
quasi per una felice necessità di cui si serve la grazia,
e in Dio interamente si abbandona;
ed allora incomincia a riconoscerlo per il vero Bene,
e ad averlo per il solo suo Amore, e sente – oh quanto! – la verità di quelle parole di Gesù Cristo: Venite a me, o voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò.”
Alle volte ci vuole un lungo cammino per avere il coraggio di ammettere
le proprie illusioni, i falsi appoggi e sicurezze
e riconoscere
che quello  che volevamo diventare partendo dalle nostre capacità,
o volevamo far apparire davanti agli occhi degli altri,
non sta in piedi e non viene costruito sulla roccia,
ma sulla sabbia.
Infatti, quando in noi stessi non riusciamo a trovare nessun appoggio,
cominciamo a cercarlo in Dio e questa è la grazia più grande per capire chi siamo realmente e veramente davanti a Dio.
La nostra più grande verità è che senza Dio non possiamo vivere (cf Gv 15).
Non conta se siamo capaci o meno, se siamo bravi o no.
E anche se avessimo migliaia di capacità e di possibilità di fare bene le cose,
finché non viviamo da figli, 
non viviamo dalla nostra verità più profonda e autentica. 

lunedì 19 agosto 2013

Il raccoglimento spirituale ci porta ad un atteggiamento di continua adorazione per la preziosità che portiamo dentro, il che significa che automaticamente sgorga la preghiera incessante nel nostro cuore.


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

9. Il colloquio spirituale dovrebbe favorire il raccoglimento nel proprio cuore.
Quando si tiene nelle mani una perla,
si cerca di maneggiarla con tanta cura, perché siamo consapevoli che è una cosa preziosa.
Le distrazioni, in questo caso, perdono automaticamente di forza.
La tentazione può parlare, ma non ci lasciamo confondere. La tentazione vorrebbe portarci da altre parti, ma noi andiamo avanti nell’aver sempre cura della perla.

Vediamo allora che non è possibile parlare di raccoglimento spirituale se non c’è niente su cui essere raccolti. 
Esistono diversi esercizi psicologici,
che ci fanno più o meno concentrare nello studio,
ma non siamo ancora arrivati all’acquisizione di un atteggiamento di raccoglimento interiore, nel cuore,
che prende vita
dopo avere capito, scoperto, riconosciuto, sperimentato,
che la sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna è dentro il nostro cuore. 
Ecco la nostra perla, la nostra speranza, che “non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5,5).
Il raccoglimento spirituale ci porta ad un atteggiamento di continua adorazione per la preziosità che portiamo dentro, il che significa che automaticamente sgorga la preghiera incessante nel nostro cuore. 
E’ indispensabile quindi la ricerca di quell’unica  perla, di quell’unico centro (cf Rm 5,5), il  fondamento in Cristo: “nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
E se sopra questo fondamento si  costruisce
con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia,
l’opera di ciascuno sarà ben visibile:
la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e
il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno.
Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà,
costui ne riceverà una ricompensa” (1Cor 3,11-16) e
il senso della sua vita, che è nel rimanere per sempre in Cristo e Cristo in noi (cf Gv 15).  

domenica 18 agosto 2013

In questo processo ha una grande importanza l’attesa, che garantisce una feconda preparazione del terreno interiore per essere in grado di saper riconoscere i desideri da seguire rispetto alle concupiscenze.


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

8. Il colloquio spirituale dovrebbe favorire la discesa nelle profondità del nostro essere tramite lo sviluppo nell’autenticità dei desideri.
Lo sviluppo vuol dire che c’è
un crescere,
un andare avanti,
un progredire,
una maturazione.   
Che cosa desidera una bambina piccola? Una bambola, un po’ di affetto...
E un neonato? Essere allattato, cambiato...
Dopo però, crescendo, si sviluppano anche desideri
che possono avere diversi fini che vogliono raggiungere,
dai desideri soltanto della carne ai desideri dello Spirito.
E nella terza età diventano sempre più essenzializzati, fondamentali...
Ma, per arrivare a questo atteggiamento, c’è bisogno di una maturità spirituale.
Quindi bisogna favorire la discesa nelle profondità del nostro essere.
Più la  persona entra in profondità, più si approfondiscono e si convertono anche i suoi desideri.
La Bibbia è piena del conflitto di tutte le forme del desiderio.
Certo, non le approva tutte, e anche i desideri più puri devono passare una purificazione radicale,
ma così prendono tutta  la loro forza e
danno tutto il suo valore all’esistenza umana.
Alla radice di tutti i desideri dell’uomo c’è la sua povertà radicale, e
il suo bisogno fondamentale di possedere la vita nella sua pienezza e
nel pieno sviluppo del suo essere.
Proprio perché il desiderio è qualcosa di essenziale e di inestirpabile nell’uomo,
può essere per lui una tentazione pericolosa e costante.
Eva ha peccato perché ha ceduto al desiderio dell’albero (cf Gen 3,6)
e, avendo ceduto a questo desiderio,
diventa lei stessa vittima del desiderio
che la porta verso suo marito e subirà il dominio dell’uomo (cf Gen 3,16).
Nell’umanità, il peccato è come un desiderio selvaggio pronto a scatenarsi,
che il Nuovo Testamento chiama “concupiscenza” (cf 1Gv 2,16, Gc  1,14s).
Ogni desiderio ha una parte legata all’ego.
Pertanto ha bisogno di essere convertito,
di essere liberato dalla concupiscenza,
per essere orientato alla relazione con Dio,
polarizzando tutte le energie e dando la capacità di smascherare le illusioni e le contraffazioni.
In questo processo ha una grande importanza l’attesa,
che garantisce una feconda preparazione del terreno interiore
per essere in grado di saper riconoscere i desideri da seguire rispetto alle concupiscenze.
Per questo André Louf dice che
il ruolo della guida sta
“nell’aiuto cha ha apportato al soggetto in questo momento cruciale,
affinché ne sposi tutti i soprassalti e
ne beva tutta l’amarezza, in una paziente attesa della grazia che vi deve sgorgare.”
Vediamo la donna Samaritana
che è giunta al settimo marito attraverso i sei mariti,
attraverso sei desideri,
di cui nessuno l’ha soddisfatta.
“Hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero” (Gv 4,18). Quando la Samaritana ha incontrato Cristo,
lo Sposo dell’umanità, realizza la sponsalità delle sue relazioni.
Cristo non ha chiesto alla Samaritana dove era stata,
che cosa aveva fatto, perché non era arrivata prima...
No, ma evidentemente la Samaritana doveva passare attraverso sei desideri diversi
fino ad arrivare a desiderare l’acqua eterna.
Perciò la donna poteva lasciare la brocca,
simbolo della vita vecchia, di tutti i desideri mai soddisfatti,
perché aveva trovato il vero Sposo, la relazione vera.