sabato 7 settembre 2013

dietro ogni parola c’è il Signore che parla a me, in modo tale da non perdere mai di vista Lui nella preghiera. Se no non è preghiera, può essere una riflessione anche utile ma formalmente non è preghiera.


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

1° - Sulla preghiera apostolica

Dopo questa preghiera preparatoria mi raccolgo immaginando il luogo in cui si svolge la scena da considerare. Si chiama composizione del luogo, per chi è pratico degli esercizi, che non vuol dire comporre il luogo
ma
mi compongo,
mi raccolgo immaginando il luogo.
Perché immaginare il luogo?
Per un semplice motivo: vi sarete accorti come il principale ostacolo alla preghiera sono le distrazioni, che sono delle immagini. Allora ogni volta che ti distrai riporti l’immaginazione al luogo in cui si svolge la scena da meditare. Per cui la stessa immaginazione serve alla meditazione, e
siccome poi l’uomo agisce e pensa attraverso le immagini, attraverso i sensi poi, fino a quando la nostra immaginazione, i nostri sensi non sono abitati dalla Parola, dal Signore, noi abbiamo sempre il modo di scordarci della Parola. Quindi è una purificazione della nostra sensibilità.

Infatti Ignazio fa anche fare l’applicazione dei sensi nella preghiera che è molto bella,
è proprio la purificazione della nostra sensibilità. In modo che ciò che pensiamo, ciò che immaginiamo poi è ciò che il Signore fa, per questo ti dice quando mangi pensa a come mangia il Signore.
L’immaginazione è tutt’altro che da trascurare,
l’uomo agisce attraverso l’immagine,
attraverso il piacere che sente con questa, fino a quando il Signore non diventa ilpiacere vincente, la delectatio victrix, agiamo sempre contro, quindi
non è banale l’immagine.
Non bisogna legarsi ma non bisogna trascurarla.

Poi il terzo punto, e qua comincia il dialogo specifico di quella meditazione, chiedo al Signore ciò che voglio. Faccio notare: chiedo ciò che voglio, dice sant’Ignazio.
Innanzitutto chiedo.
Vuol dire che desidero, la preghiera è chiedere, è desiderare, perché Dio è dono, però lo voglio perché se non lo voglio non me lo può dare;
non lo pretendo, lo chiedo ma lo voglio.
Sembra contraddittorio ma non lo è.
Chiedo ciò che voglio, lo voglio ma non lo pretendo, lo chiedo.
Molto spesso chiediamo senza volere per questo non otteniamo, chiediamo per chiedere qualcosa, ma lo vuoi?
“Vuoi essere guarito?” Domanda Gesù al paralitico.
Perché se non lo vuoi non te lo posso dare.
E cosa chiedo?
È molto bene che la richiesta sia specifica,
perché l’uomo è articolato, vive nella storia, nella sua complessità,
e così il Vangelo ci presenta un’articolazione di doni che ricostruiscono l’uomo nei suoi vari  aspetti. 
Ogni brano di Vangelo mi può dare un dono specifico e
gli chiedo esattamente ciò che quel Vangelo racconta,
se guarisce il cieco gli chiedo che mi dia la vista.
Nell’episodio di stamattina,
“ecco la serva del Signore”
chiedo al Signore di dire:
“avvenga la tua Parola”,
oppure mi fermo su un dettaglio minore ma proprio ogni parola del Vangelo che mi presenta Gesù che fa o dice qualcosa, quello è il dono che mi vuol fare, questo lo desidero, lo voglio e lo chiedo. In modo tale che il dono di Dio, attraverso la richiesta diventa comunione con Lui.
Se voi vedete, l’inizio della preghiera non è il meditare o il pensare, è il chiedere.
La differenza tra il pensare e il chiedere è che il pensare è un affare tuo,
il chiedere è comunione con l’altro.
E ciò che guida tutta la preghiera e porta alla contemplazione è proprio il chiedere, non è il meditare. C’è il dialogo con l’altro, in povertà.
Poi comincio a meditare e contemplare la scena leggendo il testo punto per punto, stando attento che dietro ogni parola c’è il Signore che parla a me, in modo tale da non perdere mai di vista Lui nella preghiera. Se no non è preghiera, può essere una riflessione anche utile ma formalmente non è preghiera.

E poi uso la memoria per ricordare, nella Bibbia, nella vita,
l’intelligenza per capire,
la volontà per desiderare, chiedere, ringraziare, amare, adorare.
E non avrò fretta, non occorre far tutto, mi posso fermare anche solo su un punto tutta l’ora, perché
l’importante è sentire di stare interiormente con ciò che lì avviene.
Non è l’abbondanza delle cose che so che Lui sa, so anche troppe cose credo,
ma è il sentire e gustare interiormente quelle cose.
So che Dio è buono ma se lo sperimento è un’altra cosa. So che l’aragosta e lo champagne sono buone ma se non le mangio non mi nutre molto. E così  è  la preghiera, è soprattutto il sentire e il
gustare, non è il sapere. Anche i diavoli sanno che c’è un Dio solo e tremano, quindi ci può essere una fede diabolica, un ragionare diabolico,  facciamo tanti ragionamenti su Dio ma Dio  resta là. E
invece è la comunione, è il sentire e gustare di Dio, ciò per cui siamo fatti.
Infine  concludo con un colloquio, anche se il colloquio ha guidato tutta la preghiera, formalmente è nell’ultima parte. L’ultimo quarto d’ora lo dedico a un colloquio da amico ad amico su ciò che
ho meditato, e concludo col Padre Nostro. E quando ho finito non è che vado via  dicendo: finalmente ho finito.
Quando vado a trovare
un amico non è che dico: finalmente!
Sono dovuto star qui un’ora adesso finalmente vado via.
Sarebbe una gran offesa.
Normalmente, noi la preghiera la finiamo così:
finalmente è finita.
Si esce lentamente dalla preghiera, ci si congeda, e si riflette su com’è andata.
È importante fare una riflessione dopo la preghiera, cambiando anche il posto, se si è pregato in chiesa,  in inginocchiatoio,  si cambia il posto perché si esce e si riflette su com’è andata,
come quando ci si congeda da un amico, com’è andata?

Innanzitutto grazie agli esercizi ho osservato il metodo perché il metodo è da imparare, un po’ alla volta e ci si accorge di come ti aiuta.
Poi se è andata male, mi chiedo perché?
Quale frutto, quali emozioni ho avuto?
Ed è interessante che è proprio riflettendo che posso migliorare la preghiera e tante volte è proprio dalla riflessione che  colgo il vero frutto della preghiera.
Mentre parlo con una persona io non rifletto ascolto, quando se ne va, rifletto.
È allora che capisco, se io comincio a riflettere mentre mi parla non lo ascolto più, ascolto le mie riflessioni. Quindi non è che rifletto  durante la preghiera,  durante la preghiera sto  lì col Signore, poi è giusto riflettere ed è da questa riflessione che colgo il frutto, se no non faccio memoria, non la fisso.
Questo metodo corrisponde praticamente  al metodo antico della lectio che con la memoria diventa ruminatio, attraverso l’intelligenza diventa meditatio, con la volontà diventa oratio, poi un po’ alla volta si semplifica e diventa contemplatio, dalla contemplazione c’è la motio, dalla mozione
interiore c’è la discreptio, discerne quali son da Dio e quali no, e dalla discreptio c’è la deliberatio, e dalla deliberatio c’è l’actio, l’azione.
Così la Parola si fa carne nel ciclo completo della lectio

venerdì 6 settembre 2013

Non è altro che l’analisi di ciò che uno con grande fatica farebbe alla fine e sapendolo in anticipo ti aiuta a farla già prima.


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

Il metodo che do è molto semplice, è un metodo naturale, sembra complesso ma non lo è.
Ogni metodo sembra difficile fino a quando non la fai effettivamente, in realtà ti presenta il modo più semplice di fare la cosa.
È difficile all’inizio ma poi dopo ti aiuta.
Non è altro che l’analisi di ciò che uno con grande fatica farebbe alla fine
e sapendolo in anticipo ti aiuta a farla già prima.
Questo contro tutto lo  “spontaneismo” che ci può essere nella preghiera,
non si prega quando si ha voglia,
non si prega in un modo qualunque,
non si prega come capita se capita,
la preghiera è l’arte della vita, è una disciplina, 
per la quale stabilisco un tempo, un luogo e un metodo.
Perché l’uomo vive nel tempo, il tempo è vita.
Dare un tempo a Dio vuol dire dare la vita.
E proprio il tempo che si dà alla preghiera,
è il segno che ricevo la vita da Dio e la do a Lui.
Al di là di ciò che faccio,
è già adorazione assoluta,
è già preghiera il dare il tempo,
il tempo in cui  non faccio niente, come il sabato,
è proprio quel far niente il sabato
che mi permette di godere la terra promessa, perché è un dono.
Nelle cose spirituali bisogna essere molto materiali:
“tempo, metodo”.
Allora la prima cosa  da fare  è entrare in preghiera,
perché normalmente siamo fuori del luogo della preghiera,
il luogo della preghiera è Dio davanti  al quale dovremmo sempre essere.
E si entra in preghiera innanzitutto pacificandosi,
faccio un momento di silenzio,
lascio perdere tutti i pensieri,
anche quelli buoni,
respiro lentamente,
penso che incontrerò il Signore,
chiedo perdono delle offese fatte e perdono di cuore delle offese ricevute.
Questo è il primo atto per entrare in preghiera.
Poi mi metto alla presenza di Dio.
La preghiera sostanzialmente è un mettersi alla presenza di Dio. Dio è sempre presente, siamo noi che siamo assenti.
“Adamo dove sei? -Mi sono nascosto”.
E la preghiera è dire: “Eccomi” a Dio.
Faccio il segno di croce, che è il sigillo di appartenenza del Figlio al Padre, e guardo come Dio mi guarda.
Ecco, come mi guarda Dio?
La preghiera è sostare sotto lo sguardo di Dio, non sotto il proprio sguardo.
Come mi guarda Dio?
Gesù ci dice: li hai amati come ami me.
Dio ci guarda con lo sguardo di amore unico, totale, irripetibile, col quale guarda il Figlio.
Ed è vedere come Dio mi vede,
la mia verità e la verità di Dio,
ed è lì la preghiera,
il resto viene da Dio.
Faccio un gesto di riverenza, la preghiera è riverenza, è rispetto, è comunione con l’altro. E inizio la preghiera nella posizione che più mi serve, chiedendo di pregare.
Chiedo al Padre, nel nome di Gesù, lo Spirito Santo, perché il mio desiderio e la mia volontà, la mia intelligenza e la mia memoria siano ordinate solo a lode e servizio suo. Questa è la preghiera preparatoria che Ignazio mette all’inizio, in cui si chiede al Padre di pregare, nel nome di Gesù e la preghiera è il dono stesso dello Spirito, in modo che il mio desiderare e la mia volontà, la mia intelligenza e la mia memoria siano ordinate a Dio. In questa maniera almeno nella preghiera vivo
ciò che devo vivere tutta la vita. E la mia vita ha senso nella misura in cui il mio desiderio e la mia volontà, la mia intelligenza e la mia memoria sono ordinate a lode e servizio di Dio.

giovedì 5 settembre 2013

Consiste nel leggere il testo sul quale mediterò, determinando i punti su cui rifletterò e contemplerò, cercando di sapere già prima cosa il testo mi vuol dare, perché ogni testo mi vuol fare un dono, esattamente ciò che viene raccontato lì.


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

1° - Sulla preghiera apostolica

E poi c’è  una preparazione prossima, oltre questa remota, che è molto semplice.
Consiste nel leggere il testo sul quale mediterò,
determinando i punti su cui rifletterò e contemplerò,
cercando di sapere già prima cosa il testo mi vuol dare,
perché ogni testo mi vuol fare un dono, 
esattamente ciò che viene raccontato lì.
Sarà quel dono che chiederò nella preghiera,
determinando quindi anche un’immagine che mi aiuti in modo che la fantasia non vaghi.
È molto utile preparare la preghiera la sera se la si fa al mattino,
così che l’ultimo pensiero è:
mi incontrerò col Signore, che sarà l’ultimo pensiero della sera, cioè della morte, e sarà l’incontro
col Signore, il mattino è il risveglio e il primo pensiero è l’incontro con il Signore.
Se il primo pensiero è la radio,
è sentire le buone notizie, non è gran buona notizia.
Comincio a ragionare come Democrito, non come Eraclito.
Guardate che bisogna essere come Democrito e non come Eraclito.
Eraclito vede il mondo e dice:
“quante miserie” e piange.
Mentre invece Democrito vede il mondo e dice:
“quanto è buffo” e ride.
Ecco, siamo invitati a vedere il mondo con lo sguardo di Dio,
che è il riso pasquale, dove anche la miseria è assorbita in misericordia, e quindi cominciamo subito al mattino a metterci a vedere la giornata con l’occhio di Dio.
Questa può essere la preparazione immediata, e adesso vediamo come si fa la preghiera.

mercoledì 4 settembre 2013

sarebbero questi i tre momenti della preghiera, “prepararla, eseguirla e rifletterci su"


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

1° - Sulla preghiera apostolica

Premesse queste cose vi do qualche indicazione di metodo.
Presuppongo la preparazione alla preghiera
perché la preghiera come ogni cosa va preparata,
poi va fatta e
poi è tipico dell’uomo riflettere su  cosa ha fatto.
Quindi sarebbero questi i tre momenti della preghiera,
“prepararla, eseguirla e rifletterci su”.

In genere mancano il primo e il secondo per cui non si fa preghiera,
al massimo si fa preparazione o riflessione.
Circa la preparazione premetto anche qui qualcosa.

C’è una preparazione remota della preghiera che è  quella di  “coltivare le disposizioni del cuore”, e questo dobbiamo farlo costantemente.
_ La prima disposizione del cuore è  il cuore contrito, il cuore umile, il cuore del peccatore in fondo al tempio. Il nostro luogo della preghiera è quello del pubblicano, è lì che conosciamo la verità nostra e la verità di Dio, è lì che siamo noi, siamo miseria, siamo peccatori e lì che conosciamo Dio che è misericordia e perdono. Non c’è preghiera al di fuori di questa coscienza, perché siamo al
di fuori della nostra realtà.
_ Il secondo sentimento è  il perdono, non puoi pregare il Padre ed essere in comunione col Figlio se non perdoni i fratelli. Se no la preghiera è una menzogna, senza umiltà, senza perdono non c’è preghiera.
_ Terza disposizione della preghiera è  il desiderio, anche Elisabetta e Zaccaria desideravano ma facevano, senza riuscire a far niente. È quel desiderio puro che non fa niente ma accoglie tutto. Dio è oggetto di desiderio, non lo possiamo fare, la facoltà più alta dell’uomo è il desiderio naturale dell’impossibile ed è lì che si inserisce la visione stessa di Dio e il nostro destino. E la preghiera è coltivare questo desiderio dell’impossibile. Dio è dono, al dono corrisponde il desiderio, se non c’è desiderio Dio non può donarsi. Più il nostro desiderio è puro, è vergine e meno fa, più accoglie. Noterete che il più grande impedimento della preghiera è ciò che facciamo nella preghiera.
_ Un’altra disposizione del cuore è  il raccoglimento. In genere siamo distratti, tirati qua e là, siamo “fuori casa”, dobbiamo abituarci a concentrarci, a entrare in casa, in noi stessi, Dio è in noi. Dio è più in noi di noi stessi. Quindi, abituarsi a entrare nel proprio cuore, dove abita Cristo, l’uomo interiore, dove c’è il dono dello Spirito, entrare nella stanza superiore dove si celebra la Pasqua dove si mangia, si entra in comunione con Lui, dove si sperimenta la vita divina.
_ Infine un’altra disposizione remota è il cuore puro. I puri di cuore vedranno Dio, ed è quella che si chiama anche la retta intenzione. Cioè che cosa cerchi di ciò che fai, di ciò che vuoi? Cerchi davvero solo il Signore? Se lo cerchi  lo trovi e lo vedi. Se cerchi tante altre cose, tutte queste altre cose ti fanno da velo, perché vedi le cose che cerchi.  Allora proprio questo desiderio puro è cercare
Lui.
Tutte queste sono disposizioni da coltivare tutta la vita.

martedì 3 settembre 2013

questo avviene attraverso il servizio della Parola, per cui c’è non soltanto una comunione arbitraria, ma una comunione mediata dalla Parola, cioè dalla storia, dalla carne di Cristo, che viene a dire chi è Dio, da una rivelazione.


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

1° - Sulla preghiera apostolica

La preghiera è fondamento della vita apostolica
ma è anche fondamento della vita di ogni credente.
Ogni credente deve essere portato alla familiarità con Dio,
a sentirsi figlio
e vivere da figlio.
Si trova così poca gente che insegna ai credenti a pregare,
si fanno tante dottrine, ma non si insegna a pregare.
E questo avviene attraverso il servizio della Parola,
per cui c’è non soltanto una comunione arbitraria,
ma una comunione mediata dalla Parola,
cioè dalla storia,
dalla carne di Cristo,
che viene a dire chi è Dio,
da una rivelazione.

lunedì 2 settembre 2013

il ministero spirituale non è altro che un vedere il lavoro dello Spirito nell’altro e favorirlo, esplicitarlo, meditarlo, discernerlo


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

1° - Sulla preghiera apostolica

Diciamo queste cose sulla preghiera apostolica perché spesso si sente dire:
ho molto apostolato, non ho tempo di pregare;
ho sentito anche dei seminaristi che dicevano così,
non ho ben capito che apostolato avessero.
Probabilmente lo avevano sentito dire dal loro parroco o da padri impegnati.
Se non hai tempo per pregare lascia perdere l’apostolato
perché non fai apostolato,
meni il can per l’aia e vai a passeggio,
non sai cosa fare e riempi il tuo vuoto di operazioni tue,
a meno che tu non sia già giunto a quel livello di altissima contemplazione
in cui sei realmente contemplativo nell’azione
e progressivamente il Signore ci dispone a questo,
se noi siamo fedeli al cammino.
Per cui lo stesso lavoro è una contemplazione del lavoro di Dio,
come Cristo,
quel che il Padre fa anch’io lo faccio,
perché lo vedo e favorisco la sua azione.
E difatti il ministero spirituale non è altro
che un vedere il lavoro dello Spirito nell’altro e
favorirlo,
esplicitarlo,
meditarlo,
discernerlo.

domenica 1 settembre 2013

E la preghiera è quel luogo dove ti riporti davanti a Lui e rispecchi la realtà di cui sei immagine. Per cui la preghiera è la principale azione, ciò che trasforma te.


Esercizi Spirituali Ignaziani 1992
p. Silvano Fausti

1° - Sulla preghiera apostolica

Il primo apostolo, come possiamo vedere, è l’ex-indemoniato che vuole essere con Gesù, siccome vuole essere con Gesù,  e lo è già perché è stato liberato dal male, viene inviato.
A far che cosa?
Ad annunciare ciò che il Signore ha fatto per te e la misericordia che ti ha usato.
L’annuncio che tu fai è ciò che il Signore ha fatto per te, della tua esperienza di Lui, non c’è altro annuncio.
Se no  sei solo un propagandista di inezie che vuoi smerciare in fretta perché non ti interessano. Invece annunci la tua salvezza, salva te e l’altro, annunci il Salvatore, di cui hai esperienza come Salvatore.
E la preghiera è questa  esperienza profonda di Dio
che  non è un optional,
la preghiera è la salvezza dell’uomo,
perché l’uomo è partner di Dio,
solo nel dialogo con Dio l’uomo è se stesso.
Il peccato di Adamo è questa separazione da Dio, il non dialogo con Dio, la rottura del dialogo. L’uomo è a immagine e somiglianza di Dio, se sta davanti a Dio è se stesso.
Quindi la preghiera è un costitutivo ontologico dell’uomo,
lo fa essere ciò che è,
lontano da Dio è lontano da sé,
è niente di sé.
Dio chiede ad Adamo: “Dove sei? Mi son nascosto”.
E la preghiera è quel luogo dove ti riporti davanti a Lui e rispecchi la realtà di cui sei immagine.
Per cui la preghiera è la principale azione,  ciò che trasforma te.
Padre  Lallemant,
che è stato  un grande formatore di apostoli,
diceva che “se uno non è contemplativo non si dia all’azione se non per breve tempo e ad experimentum,
se no è certamente nocivo a sé e agli altri”.
Grazie a Dio siamo tutti in qualche misura contemplativi perché il Signore ci interessa,
però quest’interesse deve diventare sempre più esplicito, più radicato, sempre più profondo, è il Signore che è in noi.
Sostanzialmente la vita interiore è il prendere coscienza del Cristo che abita per la fede nei nostri
cuori e lasciare che si esprima sempre di più.