mercoledì 5 giugno 2013

Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell'uomo l'inizio del cammino


Martin Buber
IL CAMMINO DELL’UOMO
Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose
Continua il post di ieri. Valgono le stesse  considerazioni.

Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell'uomo l'inizio del cammino,
il sempre nuovo inizio del cammino umano.
Ma è decisivo, appunto, solo se conduce al cammino:
esiste infatti anche un ritorno a se stessi sterile,
che porta solo al tormento,
alla disperazione e a ulteriori trappole.
Quando il Rabbi di Gher arrivò, nell’interpretazione della Scrittura,
alle parole rivolte da Giacobbe al suo servo –
"Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: ‘Tu, di chi sei? Dove vai? Di chi è il gregge che ti precede?’" -
disse ai suoi discepoli:
"Osservate come le domande di Esaù assomiglino
a questa massima dei nostri saggi:
‘Considera tre cose:
sappi da dove vieni,
dove vai e
davanti a chi dovrai un giorno rendere conto’.
Prestate molta attenzione,
perché chi considera queste tre cose
deve sottoporre se stesso a un serio esame:
che in lui non sia Esaù a porre le domande.
Anche Esaù infatti può porre domande su queste tre cose,
sprofondando l'uomo nell'afflizione".

Esiste una domanda demoniaca,
una falsa domanda che scimmiotta la domanda di Dio,
la domanda della verità.
La si riconosce dal fatto che non si ferma al "Dove sei?"
ma prosegue:
"Nessun cammino può farti uscire dal vicolo cieco in cui ti sei smarrito".
Esiste un ritorno perverso a se stessi
che, invece di provocare l'uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino,
gli prospetta insperabile il ritorno
e così lo inchioda
in una realtà in cui ravvedersi
appare assolutamente impossibile
e in cui l'uomo riesce a continuare a vivere
solo in virtù dell'orgoglio demoniaco,
dell'orgoglio della perversione.

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