sabato 25 maggio 2013
la vita spirituale non permette aggiramenti
Henri J.M. Nouwen ci dice che il lavoro spirituale è ribaltare le negatività della vita: sovente è il buio che ci fa parlare di luce.
Anche se, dopo aver vissuto molti anni,
ci sentiamo
più isolati, più ostili, più illusi
di quando quasi non avevamo un passato su cui riflettere,
sappiamo, tuttavia, meglio di prima
che tutti questi dolori hanno reso più profondo e più acuto
il nostro desiderio di abbracciare
un nuovo modo di esistere, solitario, ospitale e pio.
Perciò, scrivere della vita spirituale è come stampare delle negative.
Forse è proprio l’esperienza dell’isolamento
che ci permette di provare a tracciare i contorni della solitudine.
Forse è precisamente il disgustoso confronto con il nostro io ostile
che ci fornisce i termini per parlare dell’ospitalità come scelta concreta,
e forse non troveremmo mai il coraggio
di parlare della preghiera come vocazione umana
senza la scoperta scomoda delle nostre illusioni.
Sovente è la selva oscura che ci fa parlare dei campi aperti.
La prigione ci fa pensare alla libertà,
la fame ci aiuta ad apprezzare il cibo,
la guerra ci suggerisce le parole per la pace.
Non di rado, la nostra visione del futuro scaturisce dalle sofferenze del presente
e la speranza per gli altri dalla nostra disperazione.
Raramente un «lieto fine» ci dà la felicità,
ma spesso un’ammissione chiara e sincera
delle ambiguità, delle incertezze e delle dolorose condizioni dell’esistenza
ci dà una nuova speranza.
Il paradosso consiste nel fatto che la vita nuova nasce dai travagli di quella antica.
La vita di Gesù ci ha fatto capire chiaramente
che la vita spirituale non permette aggiramenti.
Se aggiriamo l’isolamento, la ostilità e l’illusione
non arriveremo mai alla solitudine, all’ospitalità e alla preghiera.
Non sapremo mai di sicuro se realizzeremo la nuova vita
che possiamo scoprire già al centro di quella antica.
Forse moriremo nell’isolamento, nell’ostilità,
portando con noi stessi, fino alla tomba, le nostre illusioni.
Sembra che molti lo facciano.
Ma quando Gesù ci domanda di prendere la croce e di seguirlo (Mc 8,34)
noi riceviamo un invito
ad estenderci di gran lunga oltre la nostra miseria e peccaminosa
condizione per dar forma ad un’esistenza in cui sono implicite
le grandi cose che per noi si preparano.
[In Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo]
venerdì 24 maggio 2013
il dono precario della preghiera che si nasconde nella profondità del nostro Io
Lentamente ma con chiarezza con Henri J.M. Nouwen accorgiamoci del nostro miserevole isolamento scoprendolo come dono precario di quella solitudine in cui Dio ci parla così da farne luogo di ospitalità e di preghiera.
Nel corso dell’esistenza
non solo ci accorgiamo del nostro miserevole senso di isolamento
ma anche del concreto desiderio di solitudine deI cuore;
non solo arriviamo alla dolorosa constatazione delle nostre crudeli ostilità,
ma anche a quella della speranza di ricevere i nostri fratelli
con un’ospitalità incondizionata;
e sotto tutto questo
non solo scopriamo le infinite illusioni
che ci fanno agire come se fossimo padroni del nostro destino,
ma anche il dono precario della preghiera
che si nasconde nella profondità del nostro Io.
Pertanto,
la vita spirituale è quel moto costante fra i poli,
dell’isolamento e della solitudine,
dell’ostilità e dell’ospitalità,
dell’illusione e della preghiera.
Più ci accostiamo alla confessione dolorosa
del nostro isolamento, dell’ostilità, delle illusioni
più vediamo
la solitudine, l’ospitalità, la preghiera,
come parte del panorama dell’esistenza.
[In Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo]
giovedì 23 maggio 2013
il contesto in cui possiamo parlare della vita spirituale
Continuiamo con Henri J.M. Nouwen per vivere la vita nello Spirito di Gesù Cristo, vincendo le ansie e le preoccupazioni che si presentano con imbarazzante abitudine.
Il dinamismo della vita spirituale
Ad ogni modo, si può dire una cosa:
in mezzo alle ansie e alle preoccupazioni,
che spesso continuano a somigliarsi in maniera scomoda,
noi possiamo diventare più consci dei diversi poli
tra i quali la nostra esistenza oscilla e si mantiene in uno stato di tensione.
Tali poli offrono
il contesto in cui possiamo parlare della vita spirituale
perché possono essere riconosciuti
da chiunque si sforzi di vivere la vita nello Spirito di Gesù Cristo.
La prima polarità riguarda il nostro rapporto con noi stessi.
E’ la polarità fra isolamento e solitudine.
La seconda polarità forma la base del nostro rapporto con gli altri.
E’ la polarità fra ostilità ed ospitalità.
La terza polarità, quella finale e più importante, è quella che dà una struttura al nostro rapporto con Dio.
E’ la polarità fra illusione e preghiera.
Il dinamismo della vita spirituale
Ad ogni modo, si può dire una cosa:
in mezzo alle ansie e alle preoccupazioni,
che spesso continuano a somigliarsi in maniera scomoda,
noi possiamo diventare più consci dei diversi poli
tra i quali la nostra esistenza oscilla e si mantiene in uno stato di tensione.
Tali poli offrono
il contesto in cui possiamo parlare della vita spirituale
perché possono essere riconosciuti
da chiunque si sforzi di vivere la vita nello Spirito di Gesù Cristo.
La prima polarità riguarda il nostro rapporto con noi stessi.
E’ la polarità fra isolamento e solitudine.
La seconda polarità forma la base del nostro rapporto con gli altri.
E’ la polarità fra ostilità ed ospitalità.
La terza polarità, quella finale e più importante, è quella che dà una struttura al nostro rapporto con Dio.
E’ la polarità fra illusione e preghiera.
[In Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo]
mercoledì 22 maggio 2013
siamo non ciò che possiamo conquistare, ma ciò che ci viene dato
So di aver promesso di iniziare con metodo alcuni testi impegnativi ma preferisco, se tu lo permetti, su testi estrapolati di autori che prenderemo a maestri più avanti.
Oggi è il turno di Henri J.M. Nouwen (1932 - 1996) è uno dei più grandi autori spirituali del nostro tempo. Ha insegnato presso le Università di Notre Dame, Harvard e Yale, e ha condiviso gli ulimi anni della sua vita con gli handicappati mentali, come pastore della comunità dell'Arche Daybreak di Toronto, in Canada. Un autore che occupa uno scaffale della nostra libreria
Una vita senza un luogo isolato (la vita ci dona questi luoghi e questi tempi, sta a noi sceglierli con libertà per farne il nostro centro, scoprendoli come quello che ci viene dato),
vale a dire una vita senza un centro tranquillo,
facilmente diventa distruttiva.
Quando ci basiamo sui risultati del nostro operare come unica via
per acquisire una nostra identità,
allora diventiamo possessivi,
ci mettiamo in difesa e siamo portati a vedere gli esseri umani, nostri simili,
più come nemici da tenere lontani
che come fratelli con i quali condividere il dono della vita.
Nella solitudine, possiamo a poco a poco smascherare
l'illusione che ci rende tanto possessivi,
e scoprire nel centro del nostro essere,
che siamo non ciò che possiamo conquistare,
ma ciò che ci viene dato.
Nella solitudine possiamo ascoltare la voce
di colui che ci ha parlato prima
che potessimo pronunciare una sola parola,
che ci ha guariti prima
che potessimo fare una qualsiasi richiesta di aiuto,
che ci ha resi liberi molto prima
che potessimo liberare gli altri,
e che ci ha amati molto prima
che potessimo amare qualcuno.
In questa solitudine,
scopriamo che l'essere è molto più importante dell'avere
e che valiamo più che i risultati dei nostri sforzi.
Nella solitudine scopriamo che la nostra vita
non è un possesso da difendere,
bensì un dono da condividere.
Nella solitudine diventiamo consapevoli
che il nostro valore non corrisponde alla nostra utilità.
Oggi è il turno di Henri J.M. Nouwen (1932 - 1996) è uno dei più grandi autori spirituali del nostro tempo. Ha insegnato presso le Università di Notre Dame, Harvard e Yale, e ha condiviso gli ulimi anni della sua vita con gli handicappati mentali, come pastore della comunità dell'Arche Daybreak di Toronto, in Canada. Un autore che occupa uno scaffale della nostra libreria
Una vita senza un luogo isolato (la vita ci dona questi luoghi e questi tempi, sta a noi sceglierli con libertà per farne il nostro centro, scoprendoli come quello che ci viene dato),
vale a dire una vita senza un centro tranquillo,
facilmente diventa distruttiva.
Quando ci basiamo sui risultati del nostro operare come unica via
per acquisire una nostra identità,
allora diventiamo possessivi,
ci mettiamo in difesa e siamo portati a vedere gli esseri umani, nostri simili,
più come nemici da tenere lontani
che come fratelli con i quali condividere il dono della vita.
Nella solitudine, possiamo a poco a poco smascherare
l'illusione che ci rende tanto possessivi,
e scoprire nel centro del nostro essere,
che siamo non ciò che possiamo conquistare,
ma ciò che ci viene dato.
Nella solitudine possiamo ascoltare la voce
di colui che ci ha parlato prima
che potessimo pronunciare una sola parola,
che ci ha guariti prima
che potessimo fare una qualsiasi richiesta di aiuto,
che ci ha resi liberi molto prima
che potessimo liberare gli altri,
e che ci ha amati molto prima
che potessimo amare qualcuno.
In questa solitudine,
scopriamo che l'essere è molto più importante dell'avere
e che valiamo più che i risultati dei nostri sforzi.
Nella solitudine scopriamo che la nostra vita
non è un possesso da difendere,
bensì un dono da condividere.
Nella solitudine diventiamo consapevoli
che il nostro valore non corrisponde alla nostra utilità.
martedì 21 maggio 2013
La condizione di colui che riceve lo Spirito di Dio è la liberazione da ogni forma di paura, perché lo Spirito di Dio è uno Spirito di forza,
Oggi ho voluto soffermarmi su un testo parziale di un commento alla festa di Pentecoste di Don Vincenzo Cuffaro. Credo che frequentando il movimento abbia capito quanto è importante per noi il dono che Gesù ha chiesto per noi al Padre.
Proseguendo nella lettura del testo, viene suggerita un’altra conseguenza della presenza dello Spirito nel cuore dell’uomo, o segno visibile da cui si può dedurre da quale spirito siamo guidati:
“non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: <<Abbà! Padre!>>. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (vv. 15-16).
La condizione di colui che riceve lo Spirito di Dio è la liberazione da ogni forma di paura, perché lo Spirito di Dio è uno Spirito di forza, uno Spirito da figli “per mezzo del quale gridiamo: <<Abbà! Padre!>>” (v. 15).
La paura è la condizione di chi sta sotto il dominio di Satana, il quale, quando influisce sui pensieri di una persona, suole comunicare i suoi stessi sentimenti:
il pessimismo,
la sfiducia,
l’interpretazione malevola e negativa di ogni evento o gesto,
la mancanza di perdono,
la convinzione che l’amore non esista.
Ma comunica anche sentimenti non suoi, che gli tornano utili per i suoi obiettivi di distruzione:
il senso di fallimento e di demotivazione,
l’idea di essere inerme e indifeso,
l’attesa ansiosa di un male che incombe,
la convinzione di essere isolato da tutti e abbandonato a se stesso.
La sintesi di tutte queste cose genera infine la paura.
Proseguendo nella lettura del testo, viene suggerita un’altra conseguenza della presenza dello Spirito nel cuore dell’uomo, o segno visibile da cui si può dedurre da quale spirito siamo guidati:
“non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: <<Abbà! Padre!>>. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (vv. 15-16).
La condizione di colui che riceve lo Spirito di Dio è la liberazione da ogni forma di paura, perché lo Spirito di Dio è uno Spirito di forza, uno Spirito da figli “per mezzo del quale gridiamo: <<Abbà! Padre!>>” (v. 15).
La paura è la condizione di chi sta sotto il dominio di Satana, il quale, quando influisce sui pensieri di una persona, suole comunicare i suoi stessi sentimenti:
il pessimismo,
la sfiducia,
l’interpretazione malevola e negativa di ogni evento o gesto,
la mancanza di perdono,
la convinzione che l’amore non esista.
Ma comunica anche sentimenti non suoi, che gli tornano utili per i suoi obiettivi di distruzione:
il senso di fallimento e di demotivazione,
l’idea di essere inerme e indifeso,
l’attesa ansiosa di un male che incombe,
la convinzione di essere isolato da tutti e abbandonato a se stesso.
La sintesi di tutte queste cose genera infine la paura.
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Don Vincenzo Cuffaro
Ubicazione:
25040 Corte Franca BS, Italia
lunedì 20 maggio 2013
until we meet again, may God hold you in the palm of His hand
Questa mattina ho voluto inviarvi, quando eravate in macchina, questa benedizione di San Patrizio...
Benedizione del Viaggiatore Irlandese
Irish journey blessing
“May the road rise to meet you,
may the wind be always at your back,
may the sun shine warm upon your face,
and the rains fall soft upon your fields and,
until we meet again,
may God hold you in the palm of His hand.”
“Sia la strada al tuo fianco,
il vento sempre alle tue spalle,
che il sole splenda caldo sul tuo viso,
e la pioggia cada dolce nei campi attorno e,
finché non ci incontreremo di nuovo,
possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano.”
(Scritta da San Patrizio)
... e mi sono ricordato di Anselm Grun che descrive bene il senso di questo dirvi - bene.
Prendo a prestito il suo commento perchè avete sentito quanto la mia voce era inadeguata ma vi assicuro che il cuore era gonfio di questi sentimenti e di SPERANZA in DIO
La benedizione per chi viaggia - che cosa ti deve accompagnare quando sei in viaggio
Ogni volta che un confratello intraprende un viaggio in un paese lontano, recitiamo su di lui la benedizione per chi viaggia. Dopo la preghiera dell' ora media o dopo compieta, il confratello esce dalla cerchia dei frati e si inginocchia. sull'ultimo gradino dell' altare. Poi cantiamo su di lui o il canto latino In viam pacis o alcuni versi del Sal 120, con l'antifona:
«Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre».
Cantiamo rivolti al viaggiatore:
«Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode.
Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, e sta alla tua destra.
Il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita».
Poi l'abate pronuncia la benedizione sul confratello in procinto di partire.
Nella benedizione per chi viaggia diventa chiaro che non è ovvio che arriviamo sani e salvi alla meta e torniamo a casa incolumi. Non è solo la protezione durante il viaggio a contare, ma anche che ciò che ci siamo proposti abbia buon esito. Ogni viaggio, del resto, non ha soltanto una meta esteriore. Avviene per un compito da portare a termine o per una visita. E anche per questo abbiamo bisogno della benedizione di Dio. Per il nostro convento la benedizione per chi viaggia non è un' abitudine fastidiosa. Anzi, in essa avvertiamo un unione interiore reciproca. Chi parte per portare a termine un compito in un luogo lontano lo fa in comunione con noi. Lo accompagnano i nostri buoni auguri, ma soprattutto la nostra preghiera e la benedizione di Dio. Gli ospiti che assistono in chiesa alla benedizione per chi viaggia spesso sono molto toccati. Chiedono al padre che si occupa di loro che preghiera abbiamo recitato. Sentono che, nella benedizione per chi viaggia, tra di noi avviene qualcosa. Il confratello non parte e basta, ma si allontana con la nostra benedizione, rimanendo così in collegamento con noi.
Questo è un segno perchè il mio viaggio con te continui con " racconti di un pellegrino russo".
Benedizione del Viaggiatore Irlandese
Irish journey blessing
“May the road rise to meet you,
may the wind be always at your back,
may the sun shine warm upon your face,
and the rains fall soft upon your fields and,
until we meet again,
may God hold you in the palm of His hand.”
“Sia la strada al tuo fianco,
il vento sempre alle tue spalle,
che il sole splenda caldo sul tuo viso,
e la pioggia cada dolce nei campi attorno e,
finché non ci incontreremo di nuovo,
possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano.”
(Scritta da San Patrizio)
... e mi sono ricordato di Anselm Grun che descrive bene il senso di questo dirvi - bene.
Prendo a prestito il suo commento perchè avete sentito quanto la mia voce era inadeguata ma vi assicuro che il cuore era gonfio di questi sentimenti e di SPERANZA in DIO
La benedizione per chi viaggia - che cosa ti deve accompagnare quando sei in viaggio
Ogni volta che un confratello intraprende un viaggio in un paese lontano, recitiamo su di lui la benedizione per chi viaggia. Dopo la preghiera dell' ora media o dopo compieta, il confratello esce dalla cerchia dei frati e si inginocchia. sull'ultimo gradino dell' altare. Poi cantiamo su di lui o il canto latino In viam pacis o alcuni versi del Sal 120, con l'antifona:
«Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri, da ora e per sempre».
Cantiamo rivolti al viaggiatore:
«Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode.
Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, e sta alla tua destra.
Il Signore ti proteggerà da ogni male, egli proteggerà la tua vita».
Poi l'abate pronuncia la benedizione sul confratello in procinto di partire.
Nella benedizione per chi viaggia diventa chiaro che non è ovvio che arriviamo sani e salvi alla meta e torniamo a casa incolumi. Non è solo la protezione durante il viaggio a contare, ma anche che ciò che ci siamo proposti abbia buon esito. Ogni viaggio, del resto, non ha soltanto una meta esteriore. Avviene per un compito da portare a termine o per una visita. E anche per questo abbiamo bisogno della benedizione di Dio. Per il nostro convento la benedizione per chi viaggia non è un' abitudine fastidiosa. Anzi, in essa avvertiamo un unione interiore reciproca. Chi parte per portare a termine un compito in un luogo lontano lo fa in comunione con noi. Lo accompagnano i nostri buoni auguri, ma soprattutto la nostra preghiera e la benedizione di Dio. Gli ospiti che assistono in chiesa alla benedizione per chi viaggia spesso sono molto toccati. Chiedono al padre che si occupa di loro che preghiera abbiamo recitato. Sentono che, nella benedizione per chi viaggia, tra di noi avviene qualcosa. Il confratello non parte e basta, ma si allontana con la nostra benedizione, rimanendo così in collegamento con noi.
Questo è un segno perchè il mio viaggio con te continui con " racconti di un pellegrino russo".
domenica 19 maggio 2013
Non ci viene mai in mente che le cose non hanno bisogno di essere fissate, assolutamente. Questa è una grande illuminazione. Le cose devono essere capite: se le si capissero, cambierebbero.
Anthony De Mello (1931-1987)
da "Messaggio per un'aquila che si crede un pollo" PIEMME Editore
pag 9...
Autosservazione: L’unico modo attraverso il quale qualcuno può esservi d’aiuto è mettendo in discussione le vostre idee. Se siete pronti ad ascoltare e se siete pronti ad essere messi in discussione , qualcosa potete fare, ma nessuno può aiutarvi.
...
Di certo non siete contenti.
Può darsi che la contentezza sia dentro di voi in questo momento, ma aspettate un po’, e le cose cambieranno;
non durerà: non dura mai; le cose cambiano di continuo, cambiano sempre.
Le nubi vanno e vengono: alcune sono nere e altre bianche, alcune grandi, altre piccole.
Se vogliamo seguire l’analogia, voi sareste il cielo, intento a osservare le nubi.
Sareste osservatori passivi, distaccati.
So che questo atteggiamento può essere per voi assurdo, soprattutto nella cultura occidentale.
Non interferite.
Non dovete farlo. Non «fissate» nulla.
Guardate!
Osservate!
Il problema della gente è che si affanna a fissare cose che non riesce nemmeno a capire. Siamo sempre lì a fissare delle cose, non è vero?
Non ci viene mai in mente che le cose non hanno bisogno di essere fissate, assolutamente.
Questa è una grande illuminazione.
Le cose devono essere capite: se le si capissero, cambierebbero.
Ecco, vedete quanto di tipico della nostra pratica meditativa passi in queste parole:
il non volere forzare nulla,
il non ”fissare” nulla,
realizzare pienamente l’impermanenza delle cose,
degli stati interiori,
non identificarsi con essi,
accedere ad un altro piano,
silenzioso, fermo, quieto, al di là degli opposti, delle alternanze.
E quindi solo osservare: consapevolezza.
E tramite la consapevolezza, il cambiamento:
un cambiamento non coatto, costretto, violentemente voluto, passeggero,
ma naturale, libero da tensioni e profondo
(Anthony de Mello)
Mi hanno sempre impressionato i versi del Manzoni, in particolare questi che scrive nella Pentecoste per farci capire l'azione dello Spirito Santo. Non è forse vero che noi abbiamo questa luce che ci fa vedere le cose, gli avvenimenti con i loro veri colori che riacquistano vita e che prima, senza di Esso erano smorti?
Noi in Lui e Lui in noi non siamo più nelle tenebre che non L'accolsero. Buona Pentecoste.
Come la luce rapida
Piove di cosa in cosa,
E i color vari suscita
Dovunque si riposa
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