giovedì 6 giugno 2013

questa “drammaticità” del tempo che scorre che colloca l’uomo sempre in posizione nuova nei confronti del suo passato e del suo futuro.


L’uomo: viator e peregrinus
di p. Attilio Franco Fabris

Il poeta G. Gibran,
nel suo libro più famoso intitolato,
Il Profeta
scrive:
"Noi gli erranti 
sempre alla ricerca 
della strada più solitaria, 
mai iniziamo un giorno 
là dove 
ne abbiamo terminato un altro, 
ed ogni levare di sole 
non ci trova 
là dove 
abbiamo ammirato la luce del vespro. 
Anche quando 
la terra dorme 
viaggiamo”.

L’uomo è presentato 
come un pellegrino , 
un pellegrino del tempo. 
Un tempo inarrestabile, 
che scorre senza che 
possa essere afferrato mai, 
l’uomo non ne è il padrone.

Ma è proprio
questa “drammaticità” del tempo
che scorre
che colloca l’uomo
sempre in posizione nuova
nei confronti del suo passato e del suo futuro.
E’ il tempo che permette un cammino,
un progresso,
una crescita,
una progettualità.

Il camminare perciò è stato assunto nelle diverse culture
come una simbolica primaria per esprimere
lo scorrere del tempo e della vita.
Basti pensare a tutta la simbologia legata
al viaggio, al pellegrinaggio, alla salita, alla traversata…
Bene perciò il filosofo G. Marcel
definisce l’uomo come
viator,
viaggiatore.


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