sabato 10 agosto 2013

E’ evidente l’amore di Dio per noi, ma alla comprensione di esso è possibile arrivare solo attraverso il silenzio; è Lui che ci invita a rimanere in silenzio


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 
  
b) IL SILENZIO 
Nella vita spirituale bisognerebbe, con tanta umiltà, mettersi in ginocchio e dire:
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta (cf 1Sam 3,9).
Ma per questo è necessario il silenzio esteriore e interiore
per poter essere aperti alla voce del Signore,
per poter dare la precedenza a Dio.
In un certo senso il silenzio significa la passività, 
però proprio
questa passività è la condizione fondamentale per raggiungere un’attività autentica,
dalla quale prendono il vero significato anche tante altre cose della nostra vita, come ad esempio
l’attesa,
il fallimento,
il sacrificio,
la malattia,
la sofferenza,
la pazienza,
l’accettazione di lasciarsi dire e lasciarsi fare... 
In questo modo, nella persona, il cuore si predispone per ricevere Dio e riflettere sulla vita eterna. Infatti la buona terra sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola, la custodiscono in un cuore puro e in silenzio producono frutto.   
E’ il silenzio interiore che ci permette di ascoltare Dio e
nello stesso tempo ci rende capaci di ascoltare il mondo e saperne riconoscere le grida,
per le quali anche il Signore ha detto a Mosè:
 “ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido…, conosco infatti le sue sofferenze” (Es 3,7).
Solo la persona che si intende del silenzio interiore si intende anche della voce di Dio, sa ascoltare Dio e sa ascoltare il mondo. Perché è Dio che le fa ascoltare il mondo e le parla della sofferenza del mondo.
Se la persona non vive il silenzio interiore, ma cerca solo di capire il mondo, sarà indaffaratissima sempre:
un attivista, un pastoralista nel senso deteriore del termine. 
Il colloquio spirituale dovrebbe quindi favorire il silenzio interiore,
affinché possiamo capire la voce di Dio.
E’ una voce da non trascurare mai.
E’ evidente l’amore di Dio per noi, ma alla comprensione di esso è possibile arrivare solo attraverso il silenzio; è Lui che ci invita a rimanere in silenzio.
Ogni intervento di Dio, ogni  azione di Dio è in effetti un invito alla interiorizzazione attraverso il silenzio.
Solo così si può fare il passaggio dall’apparenza delle cose e delle persone, alla quale spesso si dà assoluta importanza, a ciò che è nascosto, a ciò che non si vede, non si sente e non si può toccare.
L’udito esterno si fa strada verso l’udito interiore e
l’occhio esterno si fa strada verso l’orecchio interiore e,
in fine, dalla riflessione si arriva alla contemplazione,
che è la visione per eccellenza,
che non smette mai di stupirsi e
di cercare Dio in ogni cosa.
Su questo cammino ogni evento, ogni intervento di Dio,
 è prima di tutto un invito a rimanere in silenzio.
Ed è vero, quando ci troviamo davanti a una cosa bella, prima di tutto stiamo zitti.
O quando ci troviamo davanti ad una grande sofferenza, 
non è la parola la prima reazione, ma il silenzio.
Nei funerali ad esempio, si parla poco, ma ciò che  si dice è sensato, molto riflettuto, sono molto pesate le parole.
E deve essere così.  
La persona che sa essere da sola è capace di vivere relazioni non possessive.
Se invece la persona non sa vivere da sola, in questo silenzio,
avrà delle relazioni prevalentemente possessive delle persone,
nelle relazione diventerà esclusiva. 

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