domenica 11 agosto 2013

Allora il deserto è quel luogo inabitato, non coltivato, dove è impossibile contare sulle proprie forze


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

c) IL DESERTO 
Dopo 16 anni di solitudine nel bosco, quando Serafino di Sarov torna in mezzo alla gente, trova 
una fila incredibile di persone che vogliono parlare con lui.
Un teologo gli dice: “Come mai tu, che non hai studiato niente, hai tanta gente che ti viene a chiedere un consiglio spirituale”? 
Nella solitudine, nel silenzio, nel deserto, la persona trova la possibilità di una purificazione profonda e quindi diventa luce.
E, quando uno è così purificato, trasparente, la luce con facilità passa e scalda e può arrivare anche agli altri.
Le persone come Serafino sono persone di luce, hanno sempre qualche parola calorosa da dire a chi vive nel buio, nel dolore. E Serafino stesso diceva che la strada più cara alla tradizione monastica è quella “strada che guida l’uomo verso la deificazione per mezzo del deserto.”

 Il deserto è per lui una occasione straordinaria per la persona che si deifica, santifica, divinizza, perché trova veramente la possibilità di rivestirti di Dio, in quanto nel deserto non trova altri appoggi, se non Dio, e non cerca altro di essenziale per la vita. Allora il deserto è quel luogo inabitato, non coltivato, dove è impossibile contare sulle proprie forze. Perciò dice Filerete di Mosca: “beato il deserto nel quale si ode una voce tanto desiderata. Beata la voce per mezzo della quale fu annunciato l’avvento del Signore! Perché se si comanda di preparare la via del Signore non è lontano e desidera visitarci… Che cosa è il deserto secondo il concetto degli uomini comuni, per l’occhio sensibile? Un luogo che non è abitato né coltivato dagli uomini anche se è  pieno di animali selvaggi e altri esseri viventi.
Allora possiamo capire che cosa significa  il deserto per lo sguardo spirituale, per l’occhio di Dio.
Una volta che le passioni, appartenenti alla natura delle bestie, e i desideri brutali hanno invaso l’uomo, scacciano da lui ogni pensiero spirituale, ogni desiderio puro, ogni specie di bene e, per così dire, devastano il nobile dominio della sua natura, che cosa diventa allora la sua anima se non un deserto selvaggio?
... E’ forse in questo deserto sconvolto, desolato, impenetrabile che si fa strada la voce del Signore della gloria e della magnificenza?
Esce lui forse dai tabernacoli beati del cielo e va a visitare la terra devastata dal peccato e 
dalla maledizione?”
  
Ma il deserto ha due facce; oltre ad essere il luogo della Parola di Dio, è anche il luogo delle bestie selvatiche, che si presentano nella forma di pensieri e sentimenti cattivi, passionali, brutti e selvatici, che possono provocare anche tanta paura. Ecco perché il Cardinal Špidlík dice che di per sé non stanca il lavoro, ma i pensieri e sentimenti cattivi.
La parte selvatica del deserto, la parte più difficile del deserto desolato può anche far nascere nella persona il profondo desiderio, la profonda necessità di aprirsi a un altro pensiero, a una voce diversa che non fa paura, ma che pacifica, santifica. Infatti bisogna avere tanta sete della voce di Dio. E questa voce di Dio esce dai tabernacoli ed entra nel deserto, perché la casa del Signore è lì dove nasce il desiderio di Dio. Nel deserto, quando nasce questo desiderio, il Signore si sente a casa, perché è il desiderio più conforme a Dio e più autentico nel senso spirituale.
San Girolamo afferma, a partire da questa esperienza, che il deserto è “la terra promessa che fa germogliare i fiori di Cristo.”


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