sabato 17 agosto 2013

è proprio dal vincere questo atteggiamento che dipende la nostra vera crescita e maturità spirituale


Marina Štremfelj 
Centro Aletti 
Il colloquio spirituale è un’arte che prende le dimensioni e i colori della 
sapienza dell’ascolto e della comunicazione
IL COLLOQUIO SPIRITUALE dovrebbe favorire…: 

7. Il colloquio spirituale dovrebbe portare
alla purificazione del cuore,
aiutare a vincere le passioni nascoste,
avendo la meglio sulle forze dell’egoismo.
Se ci chiedessimo, perché noi così facilmente e così volentieri parliamo male degli altri?
Forse è questa la risposta:
unicamente
perché prima noi abbiamo pensato male,
perché ci siamo riempiti il capo di pregiudizi,
perché ci siamo abituati a considerare le cose secondo i nostri desideri e interessi, le abitudini e passioni.
Va detto ancora che sono proprio le passioni che suscitano giudizi falsi.
Tanti Padri sono lì a ricordarci che a causa dell’orgoglio,
siamo pronti a vedere il peccato degli altri,
ma lenti a riconoscere i nostri,
ed è proprio dal vincere questo atteggiamento
che dipende la nostra vera crescita e maturità spirituale.
Quindi il colloquio spirituale dovrebbe favorire nella persona accompagnata
il riconoscimento dell’influsso del proprio ego,
affinché il divino possa crescere in lei, e
concludere come dice San Giovanni Battista:
“Egli deve crescere e io diminuire” (Gv 3,30).
Solo a questo scopo si fa la discesa nel cuore, per poter entrare nelle profondità di se stessi.
La verifica del superamento del nostro ego e di tutte le nostre difficoltà sta in questo:
se riesco ad ammettere il peccato o no;
se percepisco il bisogno di essere purificato, perdonato dal Salvatore o no;
se ammetto la mia fragilità, debolezza, malattia provocata dal peccato o no;
se sento il bisogno di essere guarito dall’unico medico, cioè da Gesù Cristo, mio Signore, o no.
Il peccato si comprende nell’ambito relazionale,
che è anche l’ambito della salvezza,
in cui la persona può sperimentare l’amore di Dio nel perdono.
Solo Dio può perdonare i peccati (cf Lc 5,21).
Le guarigioni operate da Cristo e narrate nel Vangelo hanno questa divina conclusione: “la tua fede ti ha salvato” (Lc 7,50).
Davvero la cosa più importante è dare la precedenza al principio della fede e dell’amore.
Quando, con il perdono, Dio Padre rivolge di nuovo la parola all’uomo, questi riconosce il Padre e desidera di nuovo la figliolanza.
Dio raggiunge l’uomo nel suo peccato rivolgendogli la parola, che è, allo stesso tempo, parola di perdono e chiamata.
Si pensi alla vocazione di Pietro, che si incontra con lo sguardo misericordioso di Cristo nel momento del peccato.
La conversione spirituale può essere vissuta solo direttamente in prima persona.
C’è una sola visione beata, secondo un detto che avrà tanta fortuna negli ambienti monastici, quella del proprio peccato:
“Chiesero a un anziano: ‘Come mai alcuni dicono di vedere gli angeli?’. Rispose: ‘Beato colui che vede sempre il proprio peccato’”.
 Chi non fa l’esperienza del perdono dei propri peccati, di essere amato da Dio,
non può annunciare l’amore  di Dio a nessuno e non può amare nessuno.
“È un incontro nel quale l’uomo viene rigenerato…
Il perdono dei peccati è un’esperienza totale che segna l’uomo in tutte le sue dimensioni”.
 Convertirsi significa quindi scoprire in Cristo
un’altra visione della vita, di se stessi e del mondo,
cambiare così l’oggetto della propria attenzione:
da un’idea alla Persona,
all’Amore.
E, se cambia l’oggetto, cambia tutto,
perché se fino ad ora si era vissuti solo per sé, d’ora in poi si vive tutto
con Cristo, per Cristo e in Cristo.    

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