sabato 29 giugno 2013

Il vero “monaco» è colui che prende coscienza di questo stato, nel quale « tutti siamo colpevoli per tutti »; colui che stana le potenze deifughe, il “doppio” demoniaco; di qui derivano le visioni diaboliche che troviamo nei vecchi racconti


Tappe ascetiche e aspetti pratici della Preghiera di Gesù
 O. Clement, J. Serr, LA PREGHIERA DEL CUORE, ed.Ancora

La metanoia è la rivoluzione copernicana
che fa ormai ruotare il mondo non più attorno all’io e al nulla,
ma attorno a Dio-Amore, a Dio fatto uomo,
che mi chiede e mi permette di « amare il prossimo come me stesso ».

La metanoia mi fa prendere coscienza delle ramificazioni dell’albero del nulla nella mia stessa vita, come nella storia intera degli uomini.
Non è un morboso senso di colpa attorno a una concezione farisaica del peccato,
ma una presa di coscienza
di questo stato di separazione,
di “vita morta”,
di rigonfiamento del nulla,
stato nel quale siamo realmente « colpevoli per tutto e per tutti ».
Allora comprendo quello che sono stati, in tutta la loro portata insospettata, i miei veri peccati.
Allora, come vediamo nel destino dei grandi monaci,
il pentimento precede il peccato,
un peccato che, probabilmente, non sarà mai materialmente compiuto.

Pensate alla Parola di Cristo quando gli presentano la donna colta in flagrante delitto di adulterio, e che la legge ordina dilapidare:
« Quelli che non hanno mai peccato, scaglino la prima pietra ».
Al che, tutti si ritirano.
Cristo ha semplicemente ricordato l’universalità dello stato di separazione
che in qualche modo si trovava concentrato nel destino di quella donna.
Il vero “monaco» è colui che prende coscienza di questo stato,
nel quale « tutti siamo colpevoli per tutti »;
colui che stana le potenze deifughe,
il “doppio” demoniaco;
di qui derivano le visioni diaboliche che troviamo nei vecchi racconti.

Lo spirituale costringe i demoni a obiettivarsi,
a diventare esteriori
(ciò che essi sono realmente dopo che la grazia battesimale li ha cacciati dall’ “abisso” del cuore);
li schiaccia con la forza di Cristo vincitore del loro “principe“,
del loro principio,
trionfatore dell’inferno e della morte.

Non si è abbastanza messo in luce che l’approccio “apofatico” del mistero, nell’Oriente cristiano, è un approccio «metanico».
Se prendete i più grandi testi di teologia apofatica
– per esempio le Omelie sulla incomprensibilità di Dio di S. Giovanni Crisostomo, o i Capitoli gnostici di S. Massimo il Confessore, -
vedrete che l’esigenza di adorare il Dio vivente sempre « al-di-là», l’Hipertheos,
al di là delle immagini, dei concetti, dei nomi,
al di là della parola stessa «Dio»,
questa esigenza si accompagna immancabilmente con un invito al pentimento.
Solo il timore, il tremore, la morte a se stessi,
o piuttosto al proprio molteplice nulla,
possono permetterci di volgere la nostra intelligenza verso l’Inaccessibile.

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