venerdì 3 maggio 2013
Giovanni della Croce non comprende (e scoraggia) quelli che “scalpitano tanto... che vorrebbero essere santi in un giorno”. Non è possibile.
Farsi nulla per Dio per essere tutto in Lui
Giovanni della Croce parla di rinunce,
di lasciare tutto,
di nulla (quali sono le cose rispetto a Dio),
di salita,
di notte oscura,
tutta una terminologia che caratterizza la vita spirituale secondo lui come un lavoro
(di auto correzione e autocontrollo nelle proprie azioni e decisioni),
un impegno serio,
una fatica dura,
una ascesi costosa,
graduale e continua...
che non si può realizzare dall’oggi al domani.
Giovanni della Croce non comprende (e scoraggia)
quelli che “scalpitano tanto...
che vorrebbero essere santi in un giorno”.
Non è possibile.
Allora come oggi.
Egli afferma che se l’anima vuole il Tutto (Dio), deve impegnarsi a lasciare tutto e a voler essere niente:
“Per giungere dove non sei, devi passare per dove non sei. Per giungere a possedere tutto, non volere possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non volere che essere niente”.
Naturalmente per Giovanni la parola più importante in questo discorso spirituale
non è rinuncia ma amore.
Per lui non si tratta tanto di lasciare o rinunciare a qualcosa ma di amare Qualcuno.
Egli invita a lasciare amori piccoli per un amore più grande anzi per l’Amore Totale che è Dio Trinità. Amore è la parola decisiva:
amore di Dio per noi,
amore della creatura per Dio, visto come risposta alla nostra ricerca di amore, fino a consumarsi nel Dio Amore (unione sponsale o mistica).
E Giovanni della Croce si è consumato nell’amore per Dio Amore fino alla fine che arrivò il 14 dicembre 1591 in Andalusia, a Ubeda.
Ad una monaca che gli aveva scritto accennando alle difficoltà che egli aveva sofferto rispose:
“Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio. E dove non c’è amore, metta amore e ne riceverà amore”.
Un consiglio decisamente valido ancora oggi, per tutti.
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