domenica 14 aprile 2013

sotto uno strato di priorità apparenti, dobbiamo far brillare ciò che davvero esprime la nostra autenticità.


Mi sono chiesto da dove iniziare:  dalla consapevolezza che quello che sto facendo è quello che davvero voglio fare e che in questo cammino Dio mi è vicino (salmo 46)
Ecco un testo che parla della consapevolezza.

“Sai qual è il vantaggio di noi disabili?” Elda si protende dalla carrozzina, allunga la testa
quasi come se le parole le dovesse agguantare nell’aria. Prosegue. “Immagina che io voglia
invitarti a prendere un caffè.
Innanzitutto devo trovare qualcuno disposto ad accompagnarmi.
Poi occorre un bar senza troppi scalini e con la porta d’ingresso sufficientemente grande.
Alla fine proverò a pagare, ma sarà difficile perché quasi nessun bancone è agibile, per noi”.
E i vantaggi?
Il mio pensiero galleggia un secondo, il tempo che le serve per riprendere fiato:
“Ma lo sai qual è la vera differenza tra il mio e il tuo caffè? Che io lo voglio davvero. L’ho
scelto, mi sono dovuta impegnare per arrivare a prenderlo.
E tu?
Forse non ti sei neanche accorto di averlo bevuto”.
Ride Elda, e quel sorriso quasi beffardo è il recinto in cui va a chiudere il suo ragionamento:
“La disabilità non ti permette di coltivare desideri superficiali, né di fare le cose a caso.
Perché ogni cosa che fai costa impegno, fatica, coinvolge altre persone.
Allora
devi volerla, con tutta te stessa.
E questa consapevolezza ti permette di essere costantemente a contatto con i tuoi veri bisogni”.
Sei consapevole dell’ultimo caffè che hai preso?
Ci provoca la mia amica. E non è una questione di gusto:
è proprio un fatto di presenza, fisica, psichica, mentale.
C’eri o non c’eri davanti a quella tazzina?
Ti sei immerso in quel piccolo piacere, o te ne sei semplicemente liberato, come di mille altre cose che, durante la giornata, hai fatto senza farci caso.
Come se non fossero la tua vita.
La consapevolezza misura quanto, nelle nostre azioni, è davvero espressione dei nostri bisogni
più profondi. Perché, ci suggerisce Elda, ai fini del nostro star bene non conta tanto la quantità
di cose che riusciamo a fare, quanto il dar voce a ciò che davvero ci sta a cuore.
 ... Ma che fatica capire, ogni volta, aggrovigliati come siamo in un viluppo di bisogni e desideri: il posto sicuro, il successo, il guadagno, il ruolo sociale...
Tutto conta, nulla ci deve mancare, solo che per muovere contemporaneamente tutti i fili della
nostra vita, finiamo per smarrire quello che la sostiene davvero.
 ...Il cammino della consapevolezza parte da qui. Dal riconoscimento di ciò ‘di cui non possiamo
fare a meno’.
Comincia con un’azione di lucidatura: sotto uno strato di priorità apparenti, dobbiamo far brillare ciò che davvero esprime la nostra autenticità.
Perché quella è la scintilla che accende tutta la nostra vita.

Massimo Orlandi

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