martedì 16 aprile 2013

Così abbiamo disimparato la vigilanza, la vista sveglia.

Spesso usiamo la religione per non sentire la voce di Dio, e questa sordità non ci aiuta a vivere pienamente la nostra vita. Ci accontentiamo della nostra buona coscienza e delle sufficienti pratiche religiose per soffocare la voce della verità.
Io ho, io ho...
Muri ho innalzato contro Dio con la mia religione.
Mi sono otturato le orecchie nei riguardi della voce di Dio con la mia pratica.
Piano piano, inavvertitamente tutto ciò che la mia vita sarebbe potuta essere è diventato un meccanismo, dietro al quale la mia anima si è messa a riposo.
La vita è così lunga, la continua ripetizione dell'identico così addormentante; chi abita presso la cascata non sente più, dopo una settimana, il rumore dell'acqua.
Così abbiamo disimparato la vigilanza, la vista sveglia.
Le sfere cantano, ma noi sentiamo ormai solo noi stessi e la cantilena dei nostri interessi.
Fessure vengono otturate sempre più spesso,
la voce divina viene sempre più ovviamente soffocata, murata, demolita nel sistema autonomo della nostra vita.
Come all'uccello in gabbia, che di notte viene coperto, si permette di giorno il suo trillo, così io mi mostro incline a concedermi di tempo in tempo un lampo di parola di Dio.
Nella forma di una predica, di un'ora biblica, o anche di una audizione della Passione secondo Matteo, di una poesia di Rilke, di un vago sacro sentimento davanti a un paesaggio.
Le ore solenni della vita, avviluppate nel suo confort (è stato pagato a caro prezzo) sono sufficienti per il mio bisogno religioso, che comunque è spento al punto che non ho più bisogno di coprire la gabbia. Sotto il peso della mia buona coscienza, dentro il largo ripostiglio del mio buon cuore, la voce della verità è stata soffocata.
Da troppo tempo è ammutolita.
HANS URS VON BALTHASAR IL CUORE DEL MONDO

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