venerdì 26 aprile 2013

come Giovanni descrive questo stato

Ecco come Giovanni descrive la situazione dove si viene a trovare il principiante. Non ci deve distrarre il fatto che la filosofia e la psicologia descrivono queste situazioni mutuando il linguaggio del nostro santo. La nostra barra deve essere, come Lui dice, la fede e le verità da essa professate. 

Una maestra spirituale Zen ha ben colto in un suo libro  l’affinità della notte oscura cristiana con la pratica buddhista della progressiva attenzione alla delusione derivante da qualunque oggetto di desiderio, satori compreso.

Ma sentiamo come Giovanni descrive questo stato, riferendosi a chi ha cominciato a inoltrarsi nel percorso e ne ha già gustato qualche frutto: allora
il Signore ottenebra questa luce e chiude la porta, 
ed essi annegano in questa notte 
la quale li lascia tanto aridi che 
essi non trovano alcun gusto nelle cose spirituali e nelle devozioni in cui erano soliti trovare diletto e piacere, 
ma al contrario vi trovano disgusto e amarezza… 

Non si può dire con certezza quanto duri… 

Quelli che hanno più capacità e forza per soffrire, 
vengono purificati dal Signore con maggiore intensità e prontezza, 

coloro invece che sono molto fiacchi, 
vengono condotti per questa notte a lungo 
con grande condiscendenza e con tentazioni deboli, 
poiché il Signore concede loro ordinariamente qualche sollievo al senso 
affinchè non tornino indietro; così essi giungono tardi… 

e alcuni non arrivano mai. 
Costoro non stanno né dentro né fuori di questa notte… 

Si vede chiaramente che il disagio di costoro nasce dall’incapacità di sopportare nel modo giusto la durezza della notte. Perché l’alba finalmente si affacci non occorrono eroismi ascetici che, anzi, l’autore severamente condanna:
è da deplorarsi l’ignoranza 
di coloro i quali si caricano di penitenze straordinarie e di molti altri esercizi volontari, 
persuasi che ciò sia sufficiente per giungere all’unione con la sapienza divina.

Occorrerà invece sviluppare la capacità di contemplazione che, in modo apparentemente molto semplice, è descritta come un “rimanere quieti trascurando qualsiasi opera interiore ed esteriore e tenendo lontana ogni sollecitudine di fare qualche cosa” .
In realtà si tratta di un suggerimento molto tecnico, che viene spiegato come un cessare da ogni ‘meditazione’ di tipo discorsivo (come sarebbe p. es. riflettere su un passo della Scrittura o altri simili esercizi in cui è coinvolto il pensiero) e restare fermi su un oggetto singolo e specifico, che nella fattispecie è la sensazione della presenza di Dio.
Il modo da tenere nella notte del senso è che essi non si devono curare per niente di camminare servendosi del discorso e della “meditazione”, poiché ormai non ne è più il tempo… 
faranno molto se avranno pazienza e persevereranno nell’orazione senza far niente… 
lasciare libera l’anima, sgombra e aliena da ogni notizia e pensiero… contentandosi solo di avere un’avvertenza amorosa e tranquilla di Dio… 
La contemplazione infatti non è altro che un’infusione segreta, pacifica e amorosa di Dio .

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