Mi sembra un bel commento di presentazione degli scritti di san Giovanni della Croce.
Molto spesso quando parlo di Giovanni della Croce noto un’ombra di difficoltà apparire sul volto dell’interlocutore. Vi gioca, molto probabilmente, qualche voce o diceria che lo ha reso inaccessibile.
Corrisponde a verità oppure ci troviamo dinanzi al tipico caso di fraintendimento?
Per noi che viviamo la vita nello Spirito salendo il Monte Carmelo, Giovanni della Croce è la grande figura emblematica vicinissima alla Madre, Teresa di Gesù, anzi a lei complementare; figura tale da meritare il nome di Padre dei Carmelitani e delle Carmelitane.
Patrono dei poeti della Spagna Giovanni ci dona la sua esperienza di relazione con Dio in poesie che, nella loro apparente semplicità, celano una teologia ponderata e riflessa.
Con molta reticenza egli cedette alle insistenze di chi gli chiedeva il commento alle sue strofe, riteneva infatti che ciascuno dovesse leggerle, lasciarsene intridere per poi comprendere tutto il sottotraccia che risponde ad un unico desiderio: "en dios arse", cioè lasciarsi trasfigurare, mentre percorriamo la nostra storia terrena.
In quanti, anche fra noi carmelitani, sarebbero capaci di questo scavo?
Il nostro grazie perciò va a chi, trovandosi nella nostra stessa situazione, premette su Giovanni, facendogli dolce violenza, perché si spiegasse per noi.
Richiamo l’importanza dei prologhi alle sue opere e invito ad una loro lettura attenta, tenendo presente un filo che li unisce, l’un l’altro, percorrendoli: la Sacra Scrittura.
La Parola di Dio è la radice, è la pietra su cui tutto poggia.
Posto che venisse eliminata o sradicata, nulla resterebbe.
Giovanni così è certo di non procedere su di un sentiero evanescente, su vaghe sensazioni, ma sulle pietraie della storia del popolo di Dio che, partendo da Abramo fiorisce e trova il suo compimento in Gesù di Nazareth.
La mentalità di Giovanni, esperto di Teologia e di Scrittura, è rigorosa e ferma, non concede nulla alle divagazioni: l’unica Parola pronunciata dal Padre è Gesù e in Lui noi abbiamo tutto.
La Scrittura ci viene posta sul cuore e in mano perché diventi per noi pane di vita, come lo è il Pane eucaristico.
Qui, la fonte,
qui la certezza.
Giovanni non affermerà nulla che già non vi sia contenuto e non vuole discostarsene neppure per un millimetro; se il lettore dovesse avvertire qualche contraddizione, questa va imputata a Giovanni, pronto a ritrattarla per aderire pienamente all’insegnamento della Chiesa.
I prologhi schiudono anche un’altra ricchezza, spesso dimenticata o su cui si sorvola. E’ necessaria l’avvertenza e una certa pazienza nello sostare sui testi per percepirla e porla in evidenza. Scopertala diventa un tesoro cui è possibile sempre attingere.
Giovanni ci dona una lettura spirituale della Parola di Dio che assume i contorni di precise indicazioni per raggiungere lo scopo per il quale siamo stati creati: unirci a Dio.
Si possono percorrere perciò le sue opere alla ricerca delle citazioni, per esempio, di un evangelista e, considerandole come delle tessere, ricomporre il mosaico di un Vangelo che diventerà come la carta di chi desidera ardentemente lasciarsi purificare e trasformare per unirsi al Padre Creatore.
Chi si immerge in queste strofe poetiche e nel loro commento,
avvertirà scaturire in sé una spinta a percorrere le Notti,
perché comprenderà che queste sono forse l’unico caso
in cui la notte risplende di luce viva.
Sarà disposto a “passare” e a lasciarsi trapassare,
perché così sarà condotto alla beatitudine del Cantico
e al crepitio della Fiamma Viva.
C. Dobner
Il Castello dell'anima, 15.12.06
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