martedì 14 maggio 2013

L’insegnamento che questi monaci ci hanno lasciato è “pratico” e riguarda più l’esperienza diretta del “rapporto con i demoni” piuttosto che la “speculazione sulla loro essenza”



Tecniche di lotta contro i demoni
Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico.

Nella crescita personale o spirituale come dice Jung il punto è
se l’IO lascia posto al Sé,
 cerca di possedere i contenuti dell’inconscio e in questo modo di arricchirsi.
Sempre adottando la prospettiva psicologica
l’Io vuole affermare sé o consegnarsi al “numinoso”
e cioè al Sé, che incontra soprattutto nell’archetipo di Dio?
Voglio sfruttare gli uomini e Dio a mio vantaggio
oppure servire Dio e gli uomini affidandomi al suo amore?
Che è poi l’imperativo kantiano della ragion pratica
che pone il fratello, il prossimo, la persona che ho di fronte come fine e non come mezzo.

La psicologia asiatica si è dedicata molto allo studio dei processi psichici,
a mettere in rapporto le esperienze pratiche di meditazione dei monaci con le ultime scoperte scientifiche, tanto che negli ultimi decenni sono diffusi molti studi nei quali le esperienze di monaci buddisti o di maestri yoga, sono entrate in contatto con la psichiatria, la psicologia e le neuroscienze offrendoci nuove prospettive e punti di vista.
Meno conosciute e non per questo altrettanto degne di nota sono invece le esperienze dei nostri monaci cristiani i quali ci hanno lasciato un bagaglio di esperienze monumentale.

L’insegnamento che questi monaci ci hanno lasciato è “pratico” e riguarda più l’esperienza diretta del “rapporto con i demoni” piuttosto che la “speculazione sulla loro essenza” anche se in tali scritti ci sono delle affermazioni sulla loro natura di “angeli che si sono ribellati a Dio” e che quindi hanno come scopo quello di condurre gli uomini al male.

Anselm Grün  sottolinea spesso che le affermazioni dei monaci non sono definizioni, non rispondono al tentativo di spiegare alcuni fenomeni e non aspirano nemmeno a sapere con certezza che cosa siano in effetti i demoni.
I monaci utilizzano una lingua mitologica e risulta molto interessante mettere a confronto ciò che dicono i monaci con ciò che Jung ci dice dei demoni. Far dialogare questi due punti di vista ci aiuta a comprendere qualcosa di più di una realtà che può essere chiarita ma mai compresa del tutto.

Demoni, complessi e archetipi

“Jung giunge a parlare dei demoni in relazione alla sua teoria dei complessi autonomi e delle proiezioni. La proiezione è ‘il trasferimento inconscio, cioè non percepito e attuato in modo intenzionale, di un atto psichico soggettivo su un oggetto esterno’. Trasferendo i nostri desideri e le nostre emozioni su un altro, non vediamo in lui la realtà, ma piuttosto ci lasciamo ingannare dalle nostre proiezioni e dominare da esse”.

Ebbene i monaci descrivono tale contenuto “oggettivo”, come inganno da parte di un demone. In tal modo “anche l’effetto delle proiezioni esterne su di noi viene definito demoniaco. Quando altri gettano su di noi le loro proiezioni, esercitano potere su di noi, al quale difficilmente riusciremo a sottrarci. Le proiezioni sono una specie di proiettile che ci viene sparato addosso da una persona malvagia, un proiettile che ci fa ammalare”.

M. L. von Franz, una delle più dotate allieve di Jung descrive così l’effetto delle proiezioni esterne: “Non appena una persona getta un lembo della sua ombra su un’altra persona, viene indotta ad usare parole piene d’astio. Le parole che colpiscono l’altro come proiettili (punzecchiature e frecciate) simboleggiano un corrente psichica negativa che colui che proietta indirizza verso l’altra persona. Se si diventa bersaglio delle proiezioni negative di un’altra persona, si sperimenta l’odio dell’altra persona in modo quasi fisico, come se fosse un proiettile”.

Le nostre proiezioni ci ingannano e ci attirano in loro potere, mentre le proiezioni esterne agiscono su di noi come spiriti maligni.

Per Jung la causa delle proiezioni sono dunque i complessi, cioè immagini di “una situazione psichica determinata, che viene particolarmente sottolineata sul piano emozionale” la quale “dispone di una forte compattezza interna” e  “possiede un grado di autonomia relativamente alto”.  Il complesso ci spinge verso una situazione di mancanza di libertà, di pensiero e azione coatti. Alla sua origine c’è un contenuto particolarmente marcato da un punto di vista emotivo.

Jung distingue il complesso dell’anima, che viene attribuito all’inconscio personale, dal complesso dello spirito che sorge invece quando determinati contenuti dell’inconscio collettivo emergono alla coscienza.

I demoni per Jung “sono parti della psiche sottoposte a tensione e, dato che tali tensioni sono inconsce, spesso esse riescono ad avere il dominio sull’IO: “nel Medioevo aveva un altro nome: allora si chiamava possessione […] in linea di principio non esiste nessuna differenza fra le abituali manifestazioni dei complessi e la blasfemia selvaggia del posseduto. Si tratta solo di una differenza di gradazione”.

Jung ritiene che gli Antichi, “attraverso un’interpretazione che non psicologizza i complessi, ma li descrive come esseri autonomi, come demoni, abbiano saputo riprodurre il contenuto oggettivo meglio dei tentativi moderni […]”. Mentre Jung da medico è interessato a guarire i malati, i monaci sono interessati al corretto rapporto con i demoni e quindi al rapporto quotidiano con il male perché i demoni stanno a simboleggiare i contenuti inconsci che assalgono l’uomo che cerca di sottometterli al loro potere.

“Proiettando i contenuti negativi dell’inconscio sui demoni, i monaci riescono a creare lo spazio per affrontarli, in quando pongono l’inconscio all’esterno, gli danno un nome e così si possono difendere”. La proiezione libera l’uomo dal carico delle proiezioni. I monaci svelano il meccanismo mediante il quale noi proiettiamo i nostri desideri ed emozioni sugli altri. Non è il nostro prossimo il responsabile della nostra rabbia, ma il colpevole è un demone che agisce in noi mediante le nostre emozioni e il nostro comportamento. I monaci rendono giustizia della serietà e della molteplicità delle minacce del male nei nostri confronti: “il male non può essere sconfitto con un po’ di buona volontà in quanto si presenta come un demone raffinato e dotato di tecniche sofisticate”.

Liberamente tratto da: Anselm Grün, Per vincere il male. La lotta contro i demoni nel monachesimo antico, San Paolo, 2006

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