CARLO MARIA MARTINI
Riflessione di fine anno
Chiedere perdono è difficile
e nel farlo pubblicamente
si rischia di cadere nella retorica.
E tuttavia vi sono momenti nei quali non posso
non riconoscermi nel senso di fatica e di frustrazione di Pietro
che dice:
“Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (Lc 5,5)
ed esclama:
“Signore, allontanati da me che sono un peccatore!” (Lc 5,8).
Mi pare di avere compreso che
il Signore ci mette in posizioni di responsabilità
anche perché sperimentiamo ripetutamente
che, per quanto riguarda noi,
siamo immensamente
fragili, poveri e inadeguati.
Si giunge ad esclamare con sorpresa:
non pensavo di essere così debole!
Si ha davvero l’impressione
che il Signore
ci spogli,
ci purifichi,
ci strizzi e
ci sbatta come un panno da lavare
affinché ci rendiamo conto che
“da noi stessi siamo incapaci di pensare qualcosa come proveniente da noi”
e che “la nostra capacità viene da Dio” (cfr. 2 Cor 3,5).
Pesano su di noi non solo le mancanze e i peccati personali
ma anche le omissioni di fronte alle molte cose che urgono e
soprattutto quell’assillo quotidiano (cfr. 2 Cor 11,28s),
quella responsabilità per il cammino della Chiesa
che ci fa interrogare con ansia:
ma ciò che stiamo facendo,
ciò che sto proponendo è davvero secondo il Vangelo?
Non stiamo per caso tradendo il mandato di Gesù?
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