Lc 9,1-6
Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Gesù si è fatto il pane di vita per poter saziare
la nostra fame di Dio,
il nostro amore di Dio.
E poi, per saziare la propria fame del nostro amore,
si è fatto
affamato,
nudo,
senzatetto,
e ha detto: «Quando lo avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me».
Perciò vi supplico:
cercate di trovare anzitutto li, nella vostra casa, i vostri poveri.
Non permettete a nessuno di sentirsi
solo, indesiderato, non amato,
ma non permettetelo anzitutto
a quelli di casa vostra,
al vostro prossimo.
C’è qualcuno che è cieco?
Andate a leggergli il giornale, a fargli le spese, a fargli le pulizie.
Non si richiede nient’altro che questo.
Prima di toccare un sofferente,
prima di ascoltare un sofferente,
pregate.
Per poter amare quel sofferente,
avete infatti bisogno di un cuore puro.
Voi non potete amare ì malati e i sofferenti se non amate quelli che vivono con voi sotto lo stesso tetto.
Per questo è assolutamente necessario che preghiamo.
Il frutto della preghiera è l’approfondimento della fede;
il frutto della fede è l’amore;
il frutto dell’amore è il servizio.
La preghiera ci dà il cuore puro e il cuore puro può vedere Dio.
E vedendo Dio gli uni negli altri
ci ameremo scambievolmente come ci ama Gesù.
Quello che Gesù è venuto a insegnarci facendosi uomo sta tutto qui:
amarci gli uni gli altri.
Non crediamo
che la povertà consista solo
nell’avere fame di pane,
nell’essere nudi per mancanza di vestiti,
nell’essere privi di un’abitazione di mattoni e di cemento.
Esiste una povertà ancora più grande:
quella di non sentirsi amati, non sentirsi desiderati,
sentirsi emarginati.
Quella di non avere nessuno nella vita.
Madre Teresa di Calcutta
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