Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;
E noi, in quale Dio crediamo?
Per la lettura spirituale
Gesù dice: "La casa del Padre".
Si tratta del Tempio dove Dio si manifesta, il luogo santissimo in cui dimora la gloria divina.
Pensare
che Israele abbia ricevuto questo dono della presenza di Dio
è già una provocazione per l'intelligenza umana.
Ora, Gesù dice che sta per entrare in questo luogo santo.
Si presenta dunque come il sommo sacerdote che ha, egli solo, il diritto di penetrarvi.
Ma si tratta del tempio celeste.
Ed egli aggiunge:
"Perché siate anche voi dove sono io".
In altri termini,
noi siamo un popolo sacerdotale
poiché egli ci propone come una promessa e una speranza l'entrata nel santuario celeste, nel luogo santissimo in cui Dio stabilisce la sua gloria.
Gesù ci chiede di credere in lui per rimetterci a lui.
Poiché egli ci prenderà con sé e ci farà arrivare al luogo santissimo, a suo Padre.
"E del luogo dove io vado voi conoscete la via".
Queste parole enigmatiche designano il cammino della sua passione.
Concentrare nella sua passione ogni possibilità d'accesso al mistero di Dio è ancora più scandaloso per l'intelligenza umana di quanto non sia provocatorio per la fede d'Israele l'affermarsi come il Messia, il Figlio di Dio. Gesù fa della sua croce il luogo di passaggio obbligato verso il Padre celeste.
Il Cristo raddoppia in qualche modo, invece di risparmiarcelo, lo scandalo al quale vogliamo sfuggire.
E Tommaso protesta:
"Signore, non sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via?".
Gesù gli risponde:
"Io sono la via, la verità, e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".
La Via:
Cristo, nella sua condizione di Figlio di Dio fatto uomo, nel suo mistero di Messia umiliato, crocifisso, annientato, si presenta come il mediatore attraverso il quale l'umanità intera può avere accesso a Dio, poiché Cristo compie la volontà del suo Padre celeste.
La Verità:
e non le verità che l'uomo abbraccia e poi rinnega, le coerenze che discerne e poi distrugge. Ma la verità che si rivela in una persona e ci rende persone. Attraverso Gesù, Dio ci dice: "tu", e noi possiamo dirgli: "tu". La verità: luce del mondo e nostra vita. Verità del nostro creatore e redentore nella quale sorge la nostra esistenza umana, palesandoci chi noi siamo. Conoscendo Dio, scoprire chi siamo: ecco la sola verità interessante al mondo. Il resto non è che un accumulo di conoscenze che avranno fine come hanno fine tutte le memorie accumulate dall'uomo. La sola memoria immortale è la memoria di Dio, e la nostra memoria in Dio. Il resto non è che uno splendido artificio dell'intelligenza dell'uomo. Sublime strumento di potenza e di bellezza questa intelligenza, certo, ma essa non è che miraggio e nube quando non sorge nel mondo la voce di una persona in grado di dire: "Io" perché Dio gli dice: "Tu". E noi possiamo dire: "Noi" perché Dio ci riunisce dicendo: "Voi".
La Vita:
in questa relazione che svela il gioco dei pronomi "personali" ci viene rivelato il mistero personale dell'amore di Dio. Cristo è colui che ci dice:
"Padre mio e Padre vostro".
Egli può, di conseguenza, pretendere da noi la fede che il Padre ci chiede,
poiché ci dona
la vita che viene da Dio,
la vita che distrugge il peccato e la morte.
In questo momento del Vangelo, prossimo all'offerta della sua vita, Gesù continua pazientemente a spiegare l'opera che il Padre sta compiendo attraverso di lui, affinché, credendo in lui, noi crediamo nel Padre:
"Credetemi: io sono nel Padre ed il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, lo farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio".
Tale è il significato della nostra adesione a Cristo che l'apostolo Pietro ci ricorda con le parole dell'Esodo (Es 19,5) che designano il popolo d'Israele come quello scelto da Dio:
"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi che un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio".
"Nazione santa, popolo acquistato da Dio":
nessun altro titolo di gloria in questa affermazione, nessun'altra rivendicazione di verità in questo atto di fede, se non la partecipazione al sacerdozio di Cristo,
"obbedendo fino alla morte, alla morte di croce".
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER
Si tratta del Tempio dove Dio si manifesta, il luogo santissimo in cui dimora la gloria divina.
Pensare
che Israele abbia ricevuto questo dono della presenza di Dio
è già una provocazione per l'intelligenza umana.
Ora, Gesù dice che sta per entrare in questo luogo santo.
Si presenta dunque come il sommo sacerdote che ha, egli solo, il diritto di penetrarvi.
Ma si tratta del tempio celeste.
Ed egli aggiunge:
"Perché siate anche voi dove sono io".
In altri termini,
noi siamo un popolo sacerdotale
poiché egli ci propone come una promessa e una speranza l'entrata nel santuario celeste, nel luogo santissimo in cui Dio stabilisce la sua gloria.
Gesù ci chiede di credere in lui per rimetterci a lui.
Poiché egli ci prenderà con sé e ci farà arrivare al luogo santissimo, a suo Padre.
"E del luogo dove io vado voi conoscete la via".
Queste parole enigmatiche designano il cammino della sua passione.
Concentrare nella sua passione ogni possibilità d'accesso al mistero di Dio è ancora più scandaloso per l'intelligenza umana di quanto non sia provocatorio per la fede d'Israele l'affermarsi come il Messia, il Figlio di Dio. Gesù fa della sua croce il luogo di passaggio obbligato verso il Padre celeste.
Il Cristo raddoppia in qualche modo, invece di risparmiarcelo, lo scandalo al quale vogliamo sfuggire.
E Tommaso protesta:
"Signore, non sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via?".
Gesù gli risponde:
"Io sono la via, la verità, e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".
La Via:
Cristo, nella sua condizione di Figlio di Dio fatto uomo, nel suo mistero di Messia umiliato, crocifisso, annientato, si presenta come il mediatore attraverso il quale l'umanità intera può avere accesso a Dio, poiché Cristo compie la volontà del suo Padre celeste.
La Verità:
e non le verità che l'uomo abbraccia e poi rinnega, le coerenze che discerne e poi distrugge. Ma la verità che si rivela in una persona e ci rende persone. Attraverso Gesù, Dio ci dice: "tu", e noi possiamo dirgli: "tu". La verità: luce del mondo e nostra vita. Verità del nostro creatore e redentore nella quale sorge la nostra esistenza umana, palesandoci chi noi siamo. Conoscendo Dio, scoprire chi siamo: ecco la sola verità interessante al mondo. Il resto non è che un accumulo di conoscenze che avranno fine come hanno fine tutte le memorie accumulate dall'uomo. La sola memoria immortale è la memoria di Dio, e la nostra memoria in Dio. Il resto non è che uno splendido artificio dell'intelligenza dell'uomo. Sublime strumento di potenza e di bellezza questa intelligenza, certo, ma essa non è che miraggio e nube quando non sorge nel mondo la voce di una persona in grado di dire: "Io" perché Dio gli dice: "Tu". E noi possiamo dire: "Noi" perché Dio ci riunisce dicendo: "Voi".
La Vita:
in questa relazione che svela il gioco dei pronomi "personali" ci viene rivelato il mistero personale dell'amore di Dio. Cristo è colui che ci dice:
"Padre mio e Padre vostro".
Egli può, di conseguenza, pretendere da noi la fede che il Padre ci chiede,
poiché ci dona
la vita che viene da Dio,
la vita che distrugge il peccato e la morte.
In questo momento del Vangelo, prossimo all'offerta della sua vita, Gesù continua pazientemente a spiegare l'opera che il Padre sta compiendo attraverso di lui, affinché, credendo in lui, noi crediamo nel Padre:
"Credetemi: io sono nel Padre ed il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, lo farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio".
Tale è il significato della nostra adesione a Cristo che l'apostolo Pietro ci ricorda con le parole dell'Esodo (Es 19,5) che designano il popolo d'Israele come quello scelto da Dio:
"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi che un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio".
"Nazione santa, popolo acquistato da Dio":
nessun altro titolo di gloria in questa affermazione, nessun'altra rivendicazione di verità in questo atto di fede, se non la partecipazione al sacerdozio di Cristo,
"obbedendo fino alla morte, alla morte di croce".
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER
Nessun commento:
Posta un commento