Il «discorso» è breve e
Chi lo racconta non è fuori,
ma dentro:
non alla maniera con cui è dentro il poeta,
che narra soltanto un po' meglio ciò che crede di vedere dentro di sé.
Il Maestro invece traduce non
un'esperienza, un sentimento, un'impressione, uno stato d'animo;
traduce sé stesso.
Egli è il Padre ed è pure
il figlio che va e
il figlio che rimane:
trascendente e immanente,
poiché nulla è dentro come l'amore,
nulla più personale di un amore
che soffre, richiama, accompagna, perdona, abbraccia, dà la vita.
La vita dei figli si perderebbe se Qualcuno non avesse la vita in sé:
la vita non potrebbe riprendere nei figli,
se la Fonte non fosse nella stessa aridità del canale:
«fons vincit sitientem» Il passo è tratto dai Discorsi di Agostino d'Ippona: AUGUST., Sermo,
159,8: «la sorgente sopravanza il bisogno dell'assetato».
La più bella avventura, 96.
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